Alessandro Talotti, due Olimpiadi alle spalle e un record nel salto in alto di due metri e 32, ha affrontato mesi che da una parte sono stati drammatici e dall’altra meravigliosi: mentre lui combatteva contro il cancro, la moglie Silvia, campionessa del mondo di pattinaggio, aspettava il loro primo bimbo. 40 anni da pochi giorni, e un figlio nato meno di una settimana fa, Alessandro Talotti, friulano, è considerato uno dei più forti saltatori azzurri della storia. Lasciato il mondo dell’atletica e l’arma dei carabinieri, si è laureato in scienze motorie, ed ora insegna e allena giovani atleti, collaborando con il Coni: «Fino al 20 febbraio scorso – racconta ai microfoni del Corriere della Sera – mi sembrava una riconversione perfetta, poi di colpo sono precipitato nel tunnel: di quel giorno ricordo la tv in sottofondo che parla di Covid, Silvia che mi racconta lo strano ritardo nel suo ciclo e i tanti, troppi asterischi sui referti degli esami clinici per i disturbi allo stomaco che mi tormentavano da giorni». Sei mesi dopo, con un’operazione e undici cicli di chemioterapia, Alessandro è decisamente provato, complice un cancro partito dall’intestino e che si è metastatizzato in varie parti del corpo: «Mi hanno aperto appena in tempo per rimuovere un occlusione che stava degenerando mi hanno richiuso spiegandomi che la sfida era appena cominciata»..



ALESSANDRO TALOTTI: “DOPO L’OTTAVA CHEMIO SONO STATO DA CANI”

«Sono rimasto per due settimane in reparto – ha proseguito Alessandro Talotti – solo con una vecchietta appena operata all’anca: il Covid aveva bloccato tutto, da fuori si sentivano il silenzio di Udine in lockdown e il rumore delle sirene. Con Silvia ufficialmente incinta del nostro primo figlio e con mia madre non avevo voce per parlare». E ancora: «I medici mi chiedevano se me la sentivo di affrontare un nuovo ciclo, io rispondevo di sì. Se la tua vita è stata superare un’asticella a due metri e venti il tuo corpo diventa così sensibile da percepire e amplificare anche il minimo fastidio. Il lavoro che il saltatore fa su se stesso è annullare quel dolore, risparmiare le forze e trovare segnali positivi in altre parti del corpo sottraendo energia alla negatività». Le prime chemio sono andate bene, poi sono iniziati i guai: «Dopo l’ottava sono stato da cani per 11 giorni, tirato su a forza di flebo. Come se avessi abbattuto l’asticella. Non ho mollato, sono andato avanti, ho superato anche gli incubi prima di entrare in sala terapie, uguali a quelli irrazionali che ti vengono di fronte a un’asticella troppo alta e ti paralizzano». Alessandro Talotti non sa se riuscirà a vincere questa battaglia, ma sta cercando di pensare positivo e di condividere la sua esperienza, forse anche in un libro: «La vera sofferenza – ha concluso – non è dover stare chiusi in casa per la pandemia. Ho anche avuto la conferma che tra noi due è mia moglie Silvia la fuoriclasse. Io in pedana ero Talotti, uno che saltava 2 metri e 32 ed è arrivato alle finali olimpiche, lei è Sotomayor, il cubano che volava altissimo, ha stabilito il primato mondiale e vinto le Olimpiadi».

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