Il processo in Corte d’Assise a Milano a carico di Alessia Pifferi, accusata di aver fatto morire di stenti la figlia di 18 mesi, Diana, dopo averla abbandonata in casa per una settimana, è a un punto cruciale. La donna, 38 anni, è imputata di omicidio volontario aggravato e secondo la consulenza dello psichiatra incaricato dalla difesa, Marco Garbarini, avrebbe “un deficit cognitivo” importante e un quoziente intellettivo inferiore alla media, condizione che si riscontrerebbe nell’1% della popolazione. Il suo avvocato, Alessia Pontenani, a Ore 14 ha dichiarato che la sua assistita “ha bisogno di una struttura protetta“.



Apparentemente è lucida – ha rilevato il legale difensore –, invece no, dopo un po’ che le parli capisci che non è così. Non ha cognizone del tempo che passa, risulta dalla perizia disposta in carcere“. Secondo l’avvocato Pontenani, Alessia Pifferi avrebbe realmente percepito come “sufficiente” il biberon di latte che le aveva messo accanto prima di lasciarla da sola per giorni in casa. Un approccio che la ritrarrebbe come una persona incapace di analizzare in modo maturo eventi e decisioni: “Non ci pensa, non ci arriva (…) non prova empatia, non riesce a capire i bisogni dell’altro“. Stando alla lettura del quadro psicologico di Alessia Pifferi portato avanti dal suo team difensivo, la 38enne si sarebbe “identificata con la bambina”: “Soddisfava i suoi bisogni e pensava cosi di aver soddisfatto anche quelli della figlia. Non è in grado di percepire il dolore, la sofferenza o il pianto. Se lei stava bene, riteneva che anche la piccola stesse bene, come se fossero la stessa cosa“.



Alessia Pifferi, la difesa: “Nessuna persona adulta può ragionare in questo modo”

Secondo la difesa di Alessia Pifferi, anche le chat tra la donna e alcuni uomini, con cui avrebbe intrattenuto contatti prima della tragedia attraverso un sito di incontri, dimostrerebbero la sua personalità. “Nessuna persona adulta può ragionare in questo modo“, ha dichiarato il legale della donna spiegando come quei dialoghi siano sintomatici di una situazione decisamente lontana dal modo di pensare e interagire che ci si aspetterebbe da un soggetto di 38 anni. L’avvocato Pontenani ha parlato di chat in cui si passerebbe, nel giro di due messaggi, da un approccio formale e di presentazione, “Ciao, mi chiamo Alessia“,  a esternazioni come “Ti amo tanto, sposiamoci“.



Il quoziente intellettivo di Alessia Pifferi è 40, confermato dal dottor Garbarini, nostro consulente. Lui dice che ‘non si può dire che Alessia sia una bambina di 8 anni, perché ne ha 38, però ha sviluppato, in questi anni, una sorta di adattamento a sopravvivere’ nonostante il deficit. Secondo il nostro consulente, una bambina di 8 anni è sicuramente più intelligente della Pifferi. La mia assistita – ha concluso l’avvocato Pontenani – ha un ritardo mentale così grave… Un quoziente intellettivo normale è 100, la Pifferi ha 40. Non è mai stata da sola in 38 anni, prima ha vissuto con i genitori, poi con il marito per 12 anni, poi con il compagno. Nel momento in cui quest’ultimo l’ha lasciata, lei è tornata a Milano. Nel momento in cui lei è rimasta sola, in quei 3 mesi, è successo quello che è successo”.