Si allarga il filone di inchiesta parallelo al caso di Alessia Pifferi, che vede indagate due psicologhe del carcere e l’avvocato Alessia Pontenani per falso ideologico e favoreggiamento. Stando a quanto riportato dall’Ansa, sono in corso accertamenti su altre due professioniste che, come evidenziato in aula dal pm Francesco De Tommasi, avrebbero messo mano ai test somministrati all’imputata e alla successiva relazione con cui le è stato diagnosticato un grave deficit cognitivo. Starebbe emergendo una «rete criminale». Oltre alle due psicologhe del carcere di San Vittore, già oggetto di perquisizione, c’è una terza collega che avrebbe partecipato al test di Wais senza lasciare traccia nella relazione.
Adnkronos riporta che poi una quarta psicologa, pur senza accedere al carcere, avrebbe visionato la relazione. Per le altre due psicologhe, comunque, si parla di sospetti, anche se documentati. Non sono indagate. La procura, nel frattempo, si concentra, oltre che sui documenti acquisiti negli uffici delle due professioniste indagate, anche sulla ricostruzione del movente che avrebbe spinto le specialiste e quali e quante pazienti possono essere state coinvolte da relazioni su cui la procura ora pone dei dubbi.
PROCESSO ALESSIA PIFFERI: L’INTERVENTO DELLO PSICHIATRA ELVEZIO PIRFO
Per quanto riguarda l’omicidio della piccola Diana, lasciata morire di stenti a 18 mesi, la sentenza potrebbe arrivare nell’ultima udienza fissata in calendario, cioè il 10 giugno 2024. La prossima, invece, è prevista per il 15 marzo (la discussione delle parti, invece, è prevista il 13 maggio). Infatti, i giudici della Corte d’Assise di Milano hanno concesso alla difesa di Alessia Pifferi di rinviare il controesame dello psichiatra Elvezio Pirfo, il quale ha firmato la relazione richiesta dai giudici. Entrata in possesso degli allegati della perizia solo a fine febbraio, la difesa ha chiesto tempo per visionarli. La richiesta è stata accolta dalla Corte, quindi il pm non ha potuto svolgere oggi l’esame allo psichiatra. Pirfo, comunque, in aula ha giudicato «non appropriato» l’intervento delle due psicologhe, quindi il test di Wais «va letto in questa prospettiva».
Per l’esperto non è possibile stabilire se Alessia Pifferi sia stata «influenzata» da un intervento delle due psicologhe. I colloqui non sono stati video registrati, «quindi non è possibile ricostruire il clima», inoltre le risposte non sarebbero state riportate in maniera completa. «Non sono in grado di dire se c’è stato condizionamento, ma sì di apprendimento: certe risposte della Pifferi restituiscono la capacità di comprendere e riutilizzare le parole delle psicologhe», ha dichiarato lo psichiatra, il cui ritratto di Alessia Pifferi è quello di una persona che si sente «perennemente inadeguata». Dunque, ha parlato di «una confusione identitaria, una persona incompiuta», dove la dimensione di mamma è «secondaria nella costruzione identitaria della Pifferi». La sua dimensione, ha aggiunto Pirfo, è «quella di una maternità vissuta come obbligo o fatica, non che gratifica o rende compiuta una persona».
“ABUSI SU ALESSIA PIFFERI DA BAMBINA? DICHIARAZIONI PRECOSTITUITE”
«Se la finalità del rinvio è quella di introdurre nel processo ulteriori argomenti per sezionare la mente dell’imputata, vi prego di rigettare: è stato fatto tutto», ha dichiarato in aula il pm Francesco De Tommasi. Se invece l’obiettivo del rinvio è «insistere sulla nota relazione, vi preannuncio che posso fornirvi nero su bianco la prova che l’imputata ha reso, nei colloqui con il perito, dichiarazioni precostituite che sono state “imbeccate” da altre persone». Il pubblico ministero, come riportato dall’Adnkronos, ha aggiunto di poter fornire «la prova, nero su bianco, che il presunto abuso subito da minorenne è assolutamente falso ed è frutto di un suggerimento ben preciso dato all’imputata». De Tommasi ha definito «pretestuosa» la richiesta della difesa di Alessia Pifferi di chiedere un rinvio per il controesame dello psichiatra che ha firmato la relazione chiesta dai giudici della Corte d’Assise di Milano.
«Se qualcuno ha imbeccato la Pifferi non sono stata io: penso che il pm stia parlando di un’indagine parallela che nulla ha a che fare con questo procedimento, lui insiste ma quello non c’entra nulla con la Pifferi», si difende invece l’avvocato Alessia Pontenani, legale dell’imputata. Intanto, la difesa dell’imputata ha annunciato che quest’ultima «oggi avrebbe voluto dire “voglio che tutta Italia sappia che non volevo uccidere mia figlia”. Lo dirà quando farà dichiarazioni spontanee prima della sentenza, quindi a giugno. La sentenza non è scontata, qui non c’è nulla di scontato». La donna avrebbe pianto quando ha saputo i risultati della perizia che l’ha definita capace di intendere e di volere al momento dei fatti. «Ha avuto una vita dura, difficile, travagliata, è una persona dipendente affettivamente, è una persona priva di empatia, ma ha pianto perché non vuole che la gente la descriva come un mostro: lei dice che ha abbandonato la bambina, ma non voleva ucciderla quindi che l’ha fatto inconsapevolmente», ha concluso l’avvocato.