Solange Marchignoli, avvocato di Alessia Pifferi, ha rivelato nel corso della trasmissione Ore 14 che c’erano state delle possibile avvisaglie in merito al pericolo in cui si trovava la piccola Diana, morta di stenti dopo essere lasciata per giorni da sola a casa. “La bambina, nata con una malformazione ad un rene, è stata ricoverata due volte. Durante il secondo ricovero, avvenuto per una febbre causata probabilmente da una infezione alle vie urinarie, i medici dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo chiesero che la famiglia venisse presa in carico dai servizi sociali, ma il Comune non attivò la procedura”, ha raccontato.
Il dato in questione è emerso attraverso la documentazione dell’autopsia effettuata sul corpo della piccola, dove vengono citate anche le cartelle cliniche. All’interno di queste ultime viene evidenziato che «durante la degenza, data la fragile condizione clinica di Diana, venivano richieste valutazioni da parte dell’assistente sociale e della psicologa del centro per organizzare una eventuale presa in carico territoriale della mamma e della bambina, al fine di un sostegno idoneo sul territorio». A fare da campanello d’allarme, come ricostruito da Solange Marchignoli, era stato anche il fatto che la bambina non era mai stata sottoposta a vaccinazioni. “La mamma aveva avuto dei problemi, perché la piccola risultava residente in un luogo e domiciliata in un altro”.
Alessia Pifferi, avv.: “Medici chiesero intervento servizi sociali”. Il precedente
Adesso dunque spetterà agli inquirenti comprendere se il Comune di Bergamo abbia una qualche responsabilità, dato che dopo che i medici chiesero l’intervento dei servizi sociali per Alessia Pifferi e Diana quest’ultimo non fu mai attivato. È da comprendere, inoltre, quale sia stato il motivo per cui abbiano posto questa richiesta. Le possibilità, come evidenziato da Roberta Bruzzone, normalmente sono due: una condizione di potenziale inadeguatezza materna oppure una problematica a carico del minore che il genitore non riesce a gestire in maniera autonoma. “Evidentemente c’erano delle criticità preliminari che in quel momento sono state colte”, ha sottolineato la criminologa.
Il profilo clinico di Alessia Pifferi è dunque ancora da definire nei dettagli. “Cercheremo di ricostruire la catena che ha portato dalla richiesta alla mancata presa in carico”, ha assicurato l’avvocato Solange Marchignoli, che intanto attende che la sua assistita possa essere sottoposta a degli accertamenti medici. Queste visite sarebbero state richieste nelle scorse settimane dal carcere stesso in cui è detenuta. “Noi presenteremo un’istanza anche per effettuare delle valutazioni cognitive, ma ciò non significa che chiederemo l’incapacità di intendere e di volere”, ha chiarito.