Alessia Pontenani, avvocato di Alessia Pifferi, ospite a Quarto Grado, ha parlato del momento che sta vivendo la sua assistita, la quale nei giorni scorsi si è presentata all’udienza del processo per la morte della piccola Diana. La donna, di fronte ai giudici, ha affermato di avere lasciato la bambina da sola in casa, convinta che un biberon di latte potesse essere sufficiente per nutrirla. “Pare che sia ciò che ha pensato in quel momento”, ha confermato la legale.



“Il problema è che, secondo le carte depositate dai periti del carcere, la mia assistita ha un grave deficit intellettivo che le causa difficoltà nella comprensione del tempo che trascorre”, ha rivelato. Non era tuttavia la prima volta che Diana rimaneva da sola in casa. “È emerso che è iniziato tutto quando il compagno Angelo Mario le disse di lasciare la bambina per un’ora in casa mentre andavano a fare la spesa. Al rientro stava bene. È così che ha pensato di poterlo fare altre volte, prima per un giorno e poi per un weekend, fino all’estrema conseguenza. Se io torno a casa e mi accorgo che la bambina sta bene, credo che non succederà nulla se continuo a comportarmi in quel modo. Secondo la sua cognizione del tempo un giorno o sei giorni sono la stessa cosa”.



Alessia Pifferi, avvocato: “Deficit le causa problemi di percezione del tempo”. Il racconto

Alessia Pifferi, proprio nei giorni della morte di Diana, era dal compagno Angelo Mario nella provincia di Bergamo. Nonostante fosse rientrata a Milano il 18 luglio 2022 per un impegno di lavoro dell’uomo, non si recò a casa per controllare la bambina. In aula ha sostenuto che aveva paura che lui, al quale aveva detto che la piccola era con la zia, si arrabbiasse. “Quando le viene chiesto dal giudice se i soldi per tornare a casa prima c’erano, lei dice che se li avesse usati per quel motivo non se li sarebbe più ritrovati per un altro viaggio. Non era capace di prendere il treno in quel momento. L’NCC invece lo trovava su Internet. Sembra incredibile per delle persone normali, ne sono consapevole. Avere un basso quoziente intellettivo non significa però essere un’ameba. Sa parlare, sa leggere e usa Internet. Fa tutte le cose che fanno i bambini. Ha un atteggiamento infantile in tutto ciò che fa”, ha ribadito l’avvocato.



Adesso però spetterà ai giudici decidere se l’accusa è quella di omicidio volontario con le relative aggravanti oppure di abbandono di minore con conseguenza della morte. In un caso la donna rischia una condanna all’ergastolo, mentre nell’altro una pena dai cinque agli otto anni di carcere scontabili di un terzo in virtù del ricorso al rito abbreviato.