Alessia Pifferi, la confessione su Diana: “Lasciata sola nel fine settimana”
Per Alessia Pifferi, la donna 36enne che ha abbandonato per una settimana in casa la piccola Diana, la figlia di 18 mesi morta di stenti, era diventata un’abitudine lasciarla da sola. Già in altre circostanze la bambina, in un anno e mezzo, aveva vissuto la medesima situazione che questa volta si è poi rivelata letale. Prima sarebbe accaduto solo per qualche ora, poi per giorni. Pifferi lo ha ammesso sotto interrogatorio, aggiungendo che era solita mettere nel lettino da campeggio della figlia uno o due biberon pieni, due acque col beccuccio e del tè. Questo sarebbe accaduto “Almeno nel fine settimana di fine giugno e nei tre di luglio”, ha spiegato, come riferisce Repubblica.it.
Una verità che però Alessia Pifferi avrebbe deciso di tenere per sé. Anche al nuovo compagno di Leffe, in provincia di Bergamo, ha sempre raccontato bugie in merito, e quando le chiedeva dove fosse la bambina, lei replicava che era con la sorella al mare o con la baby sitter, “così io respiro”. Ed intanto alla madre diceva che la bambina era con lei mentre alle amiche nascondeva anche il fatto che andasse a Bergamo poiché non volevano che frequentasse l’uomo. Attorno a sé, dunque, Alessia era arrivata a costruire un vero e proprio scudo di falsità. Una pioggia di bugie raccontate a tutti, forse anche a se stessa. In attesa dei riscontri dell’autopsia e dei test tossicologici, intanto, ci si chiede se la piccola Diana si sarebbe potuta salvare e se tutti i segnali rimasti sopiti potevano essere colti in tempo.
Le bugie di Alessia Pifferi, dal compagno a se stessa
Perchè lo ha fatto? A fare per primo questa domanda che ha il peso di un macigno è stato il compagno di Alessia Pifferi, l’elettricista bergamasco, che la donna avrebbe prontamente chiamato dopo essere stato allertato il 118. La medesima domanda sarà riproposta da poliziotti, pm e giudice ma la risposta è sempre trincerata dietro un silenzio assordante. Perchè ha mentito anche al fidanzato? “Avevo paura di essere giudicata”, avrebbe detto Alessia, e per la stessa ragione da due mesi non sentiva la sorella.
Il giudice avrebbe sottolineato “l’assenza di collegamenti familiari con il territorio, avendo lei interrotto rapporti con la sorella e con la cugina, le uniche parenti che vivono a Milano”. Lo stesso vale per quanto riguarda il piano lavorativo ed economico. Da tre anni, infatti, la Pifferi era senza un lavoro anche se a Leffe si spacciava per una psicologa infantile. A qualcuno avrebbe riferito persino della morte della madre per Covid. In un primo momento avrebbe mentito anche la mattina del ritrovamento della figlioletta, ormai morta da giorni: al 118 ed alla polizia avrebbe infatti riferito di averla lasciata con la baby sitter, Jasmine, della quale però non avrebbe il numero. La donna non era in cura psichiatrica né era stata segnalata ai servizi sociali. Le risposte forse sarebbero da rintracciare in una gravidanza tenuta nascosta al padre biologico (ed ancora una volta a se stessa) e mai svelata neppure al nuovo compagno che si sarebbe accorto solo dopo il parto sul water di casa sua.