Datare la morte di Diana Pifferi, la bambina morta di stenti a Milano, è fondamentale nella ricerca della verità. Ne sono convinti anche i legali di Alessia Pifferi, la mamma che è in carcere con l’accusa di omicidio aggravato. “Hanno trovato un pannolino vicino al letto, che la bambina si sarebbe tolta, contenente poca pipì. Dai testimoni è emerso che la bambina era stata correttamente nutrita. È venuta a mancare subito?“, si chiede l’avvocato Solange Marchignoli a Detto da voi su Telelombardia. Poi è stata ancora più esplicita: “Potrebbe essere anche morta prima. Pifferi ha dichiarato di aver salutato la figlia, che però non ha avuto nessuna reazione”. Altre importanti notizie arrivano dal collega Luca D’Auria, con cui sta difendendo Alessia Pifferi.
“Ieri sera abbiamo sentito il generale Garofano. Probabilmente proveremo ad andare a vedere cosa c’è in quel telefonino, perché potrebbero esserci chat e telefonate che potrebbero dirci qualcosa. Sono state negate tutte le analisi di impronte dattiloscopiche, ci possono dire ad esempio se ha usato il biberon. Ipotizziamo che non trovano il Dna sul ciuccio del biberon, allora non l’ha usato?”, ha aggiunto l’avvocato Luca D’Auria. La difesa di Alessia Pifferi è molto critica per quanto riguarda le indagini: “La procura non ha nemmeno sequestrato i beni contenuti nell’appartamento. Sono doverose le indagini a 360 gradi. Perché i nostri consulenti devono andare in un appartamento quattro mesi dopo? Perché non dobbiamo essere messi nella condizione di difendere? Noi non offriamo magia, ma scienza. Le indagini sono state parziali e seguite secondo la loro logica“.
“ERGASTOLO? ALESSIA PIFFERI POTREBBE RISCHIARE 4-5 ANNI”
Dalle parole dell’avvocato Solange Marchignoli emergono, dunque, elementi utili per capire come si sta muovendo la difesa di Alessia Pifferi. “Perché dobbiamo dire che se c’era spugna nello stomaco allora è morta di stenti? Potrebbe anche essere morta per soffocamento. Sarebbe un altro reato. Un conto è fare un processo con ipotesi di ergastolo, un altro è su una condanna di 4-5 anni. Perché sarebbe un fallimento? Se accertano una verità diversa…”. Il legale contesta anche alcune ricostruzioni che sono state fatte nelle ultime settimane: “Rimango stupita da una serie di persone intervistate, improvvisamente tutti sanno tutto. Alessia era una mamma con due persone intorno a lei, amiche che spesso l’aiutavano visto il disinteresse totale della sua famiglia. Mi riferiscono, e credo che lo abbiano fatto anche in procura, che la bambina veniva nutrita e accudita, quindi era in ordine”.
Ad esempio, anche la questione del parto di Alessia Pifferi è differente: “Ha detto che la gravidanza è stata così bella che non si è accorta di essere incinta, non che non lo sapeva”. Ma l’avvocato Marchignoli è entrato anche nel merito della questione della richiesta delle foto di Diana fatta dalla mamma in carcere: “Noi siamo difensori, non costruiamo storie. Pifferi mi ha detto di volere una foto, sta facendo un percorso molto doloroso, lentamente sta interiorizzando questa storia; quindi, ha la necessità di visualizzare qualcosa. Mi ha chiesto di conoscere se possibile dove è stata sepolta. Ora si dice che non se lo merita nemmeno. Dobbiamo fare i giustizialisti? Anche nella tomba è sua figlia. Non ha diritto ad una foto della figlia? Spariamole allora! Per me è doveroso, se posso fargliene avere 10, gliele farò avere“.
ALESSIA PIFFERI E LA TRAGEDIA GRECA
L’avvocato Luca D’Auria, invece, a Detto da voi su Telelombardia contesta un altro aspetto: “Alessia Pifferi non è stata informata dal precedente difensore del fatto che poteva avvalersi della facoltà di non rispondere. Quindi, ha reso delle dichiarazioni sulle quali bisognerà fare delle valutazioni e la loro corrispondenza con la verbalizzazione“. Per quanto riguarda la strategia difensiva, ha prima lodato la collega (“la forza della nostra difesa sta nell’avere Solange”), poi ha tirato in ballo la tragedia greca. “Racconta espressamente casi di questo tipo, cioè quel momento dell’esistenza in cui sei di fronte alla cosa più incredibile. Entreremo dentro questo in corte d’assise, i giurati devono saperlo che esiste questo momento, perché ha un valore cognitivo. Loro ci impediscono di spiegarlo negando il coinvolgimento dei consulenti neuro cognitivi”.
Infine, si è anche lanciato nella spiegazione del motivo per il quale l’opinione pubblica è così dura con la mamma di Diana Pifferi: “In altre vicende, pensiamo a quella della Franzoni, c’è un’azione violenta. In quel caso l’opinione pubblica era divisa, tra innocentisti e colpevolisti. Qui l’aspetto di aver lasciato morire è qualcosa che, ad avviso nostro, tocca talmente tanto le corde emotive della persona. L’omissione colpisce tutti noi, invece quando c’è il caso di un bambino ucciso, pensiamo che non lo faremmo mai, quindi ci mettiamo in gioco intellettuale, valutando se ci sono elementi o meno di colpevolezza”.