“Non voglio più vivere”, così Alessia avrebbe motivato il suo digiuno

Secondo quanto trapelato questa mattina, Alessia Pifferi avrebbe motivato la scelta di sottoporsi a un digiuno a oltranza, iniziato circa 24 ore fa, con poche parole: “Non voglio più vivere“. Sono trascorsi 8 giorni dalla sentenza di condanna all’ergastolo inflitta alla 38enne all’esito del primo grado di giudizio, oltre una settimana nella quale la 38enne avrebbe pianto continuamente e sarebbe apparsa fortemente provata agli occhi del suo avvocato.



Secondo il legale difensore, al donna non può dirsi pentita in quanto, ancora oggi, convinta di non aver ucciso la sua bambina. Lo aveva già detto in aula davanti ai giudici, invocando clemenza e allontanando da sé il ritratto di “mostro” cucitole addosso da chi non ha mai creduto alla sua versione dei fatti. La famiglia non ha mai sostenuto il suo racconto e ha sempre portato avanti una verità alternativa a quanto dichiarato dall’imputata: “È sempre stata bugiarda“, ha sottolineato la sorella Viviana Pifferi precisando che, secondo il suo punto di vista, avrebbe preferito dedicarsi a se stessa anziché occuparsi dei bisogni della figlia.



Il legale della Pifferi: la mia assistita continua a piangere

Non si placano le polemiche intorno al caso di Alessia Pifferi che continua a far parlare: a 8 giorni dalla sentenza di condanna all’ergastolo per la morte della figlia Diana, la donna avrebbe deciso di iniziare uno sciopero della fame perché determinata a “spegnersi” come la sua bambina, una volontà anticipata dall’avvocato difensore, Alessia Pontenani, a margine della conclusione del primo grado di giudizio, quando aveva parlato di un cedimento emotivo della sua assistita al ritorno in carcere a San Vittore.



Secondo il legale, Alessia Pifferi sarebbe “distrutta” e in preda a un pianto inconsolabile, sebbene non sussistano istinti suicidari, dopo che i giudici l’hanno ritenuta responsabile dell’omicidio della sua bimba, morta di stenti nel luglio 2022 all’interno del suo appartamento milanese dove la madre l’aveva abbandonata per 6 giorni. Per il pubblico ministero De Tommasi, che ha sostenuto l’accusa a suo carico in tribunale, Alessia Pifferi sarebbe una lucida assassina e una bugiarda seriale. Il verdetto ha spazzato la tesi difensiva di un presunto deficit cognitivo dell’imputata, negato dalla perizia psichiatrica affidata dalla Corte d’Assise di Milano all’esperto Elvezio Pirfo.