Alessia Pontenani, la legale di Alessia Pifferi, è stata intervistata stamane dal programma di Rai Uno, Storie Italiane. La legale ha spiegato che la prossima udienza si terrà il 4 marzo per poi ribadire con chiarezza in merito alla presenza di benzodiazepine nel sangue della bimba: “Non diamo notizie non corrette. La bimba non piangeva perchè purtroppo era abituata a stare da sola, sono state fatte delle analisi, non sono state trovate tracce di benzodiazepine, anche il tossicologo in aula ha assolutamente negato la traccia di queste sostanze ne sulla bambina ne sugli oggetti della bimba. E’ stata solo trovata una traccia da contatto sui capelli ma non sul bulbo pilifero”.



“A casa della Pifferi è stato trovato un flaconcino che non era della Pifferi ma di un uomo che frequentava la donna. La corte ha detto che non è vero – ha aggiunto l’avvocato Alessia Pontenani rivolgendosi in particolare al giornalista Massimo Lugli, ospite in studio – non deve passare il messaggio che la Pifferi abbia drogato la figlia, è una vergogna. Questa è una tragedia ma non deve passare questo messaggio. La bimba non piangeva mai perchè era abituata a stare da sola, lei sapeva che anche piangendo non avrebbe portato a nulla. Non voglio chesi dicano cose non corrette”.



ALESSIA PIFFERI, LE PAROLE DELL’AVVOCATO E I POSSIBILI RISVOLTI

L’avvocato di Alessia Pifferi ha quindi proseguito: “Entro il 27 novembre tutti i periti si troveranno e stabiliranno un calendario. I piriti andranno sempre insieme, tutto il collegio peritale, abbiamo la possibilità di nominare anche altri consulenti e io ci sto pensando. Entro il 27 febbraio deposito della perizia e il 4 marzo udienza”.

In studio su un’eventuale condanna ad Alessia Pifferi, spiegano: “Dal punto di vista giuridico è una cosa molto complicata, bisognerà valutare se la signora fosse consapevole e capace di intendere e volere… innanzitutto bisognerò capire se la Pifferi fosse a conoscenza che lasciando la bimba senza mangiare o bere sarebbe morta. Se ci possono essere profili di malattie mentali che possono portare ad una valutazione, si spazia da una condanna a 30 anni ad un trattamento di tipo psichiatrico profondamente diverso, questo è soprattutto dal punto di vista della psichiatria forense”.