Non accenna a scemare il clamore mediatico che sta avvolgendo il caso di Alessia Pifferi: di certo la donna sta facendo di tutto perché questo accada e infatti sta proseguendo il suo sciopero della fame in carcere a San Vittore, dove è detenuta dal 2022, e secondo il suo avvocato “vuole spegnersi come la sua bambina“. La 38enne, condannata all’ergastolo per l’omicidio della figlia di 18 mesi, Diana, avrebbe iniziato a digiunare pochi giorni fa, dopo la sentenza di primo grado, e sarebbe apparsa molto provata al suo difensore, Alessia Pontenani.
La stessa che in aula, durante un velenoso scontro con l’accusa, aveva chiesto l’assoluzione per Alessia Pifferi perché convinta che la sua assistita soffra di un deficit cognitivo grave (negato dalla perizia psichiatrica disposta dal tribunale) e che non volesse la morte della piccola. Secondo i giudici della Corte d’Assise di Milano, però, era capace di intendere e volere quando, nel luglio di 2 anni fa, abbandonò la minore per una settimana in casa facendola morire di stenti mentre lei, consapevole del rischio a cui l’aveva esposta, se ne stava fuori città con il compagno.
L’avvocato Pontenani: “È una condanna che non mi aspettavo”
Nonostante il pesantissimo impianto accusatorio a carico della sua assistita, l’avvocato Pontenani non si aspettava una condanna al fine pena mai. Lo ha dichiarato a margine della sentenza di primo grado emessa poche settimane fa dalla Corte d’Assise di Milano nel processo che vede imputata Alessia Pifferi, sottolineando come la donna sia fortemente “provata”. Il legale di Alessia Pifferi ha spiegato che non vuole più mangiare, determinata a proseguire il digiuno non come segno di protesta contro l’ergastolo ma perché intenzionata a morire come la sua bambina.
Un quadro che non convince la famiglia di Alessia Pifferi, su tutti la sorella e la madre, da sempre portatrici di un’altra “verità”: secondo il loro racconto, sarebbe una bugiarda e avrebbe preferito soddisfare i suoi capricci di donna anteponendoli ai doveri di madre, arrivando persino a escluderle quasi completamente dalla sua vita nonostante fossero disposte a darle una mano con la bambina. “Non è quella che appare in aula“, aveva detto Viviana Pifferi invitando tutti a guardare oltre la “maschera” di donna ingenua e sofferente che, a suo dire, la sorella avrebbe scelto di indossare nel tentativo di alleggerire la sua posizione a processo.