Nelle ultime ore sono emerse delle novità in merito alla signora Alessia Pifferi, la madre in carcere dallo scorso luglio in quanto accusata di aver fatto morire la figlia di 18 mesi di stenti, abbandonandola da sola in casa per 6 giorni. Come vi abbiamo riportato ieri, gli ultimi risvolti raccontano di alcuni messaggi che Alessia Pifferi si sarebbe scambiata con un misterioso autotrasportatore 56enne della provincia di Bergamo, e in cui forse viene nominata anche la piccola Diana. Al momento pare che la donna, come riferisce il quotidiano Il Giorno, sia indagata per il reato di corruzione di minore, e all’uomo sono stati sequestrati sei cellulari e anche un computer.
Solange Marchignoli, uno dei due avvocati di Alessia Pifferi, è stata ospite questa mattina di Mattino Cinque, su Canale 5, e sugli ultimi risvolti ha spiegato: “Devo rivelare che ‘voglio baciare anche Diana’ non è la verità – le parole del legale in riferimento ai messaggi incriminati in cui si potrebbe tirare in ballo anche la bimba – dicono ‘voglio baciare anche lei’. Dobbiamo fissarci su questo, non è detto che il soggetto sia Diana”, aggiunge il legale non regalando quindi certezze sul contenuto della chat fra la signora Pifferi e il compagno dell’epoca.
ALESSIA PIFFERI, L’AVVOCATO: “LA CHAT NON E’ LA BASE PER L’ERGASTOLO”
Solange Marchignoli ha proseguito: “Al di là che la mia posizione processuale non cambia, che ci siano le chat poco rileva, è un corollario ma non è la base che mi porta all’ergastolo”, dice riferendosi al fatto che ovviamente il rischio è di andare a processo con l’accusa di omicidio volontario. E ancora: “E’ una frase estrapolata, potrebbe voler dire ciò che tutti pensano come no. Si sono fiondati a casa di quest’uomo? Invito alla cautela, non so chi sia quest’uomo e e il fatto che si scambi messaggi sessuali con la signora Pifferi non è reato”.
“Vediamo se è implicata una minore, se così non fosse abbiamo dati titoli che sono gratuiti. ‘Posso baciare anche lei’ non è Diana, – ha quindi ribadito prima di concludere – questo è un misunderstanding. Il fatto che siano andati di corsa a sequestrare i cellulari è una modalità della polizia, se devono sequestrare qualcosa non possono chiamare il tizio e dirglielo”.