Nella testa di Alessia Pifferi ci sarebbero dei tratti disfunzionali, ma “nessun disturbo mentale” capace di intaccare la sua capacità di intendere e volere che resta, quindi, confermata. È quanto esposto dal perito Elvezio Pirfo in aula, nella nuova udienza del processo per omicidio che si celebra a carico della 38enne accusata di aver fatto morire di stenti la figlia di 18 mesi, quando lo psichiatra incaricato di esaminare l’imputata è stato chiamato a rispondere al controesame della difesa, rappresentata dall’avvocato Alessia Pontenani, dopo aver illustrato la sua perizia.



Lo riporta Il Giorno, mentre è in corso la discussione degli esiti peritali che attestano l’assenza di vizi di mente nell’imputata contrariamente a quanto condensato nella consulenza della difesa (nella quale sarebbe emerso un “deficit cognitivo grave“). Il legale di Alessia Pifferi ha posto domande al perito Pirfo il quale, nel rispondere al controesame, avrebbe ribadito che la 38enne non è affetta da alcun disturbo psichiatrico e che anzi avrebbe dimostrato “grande resilienza” nell’affrontare alcuni eventi della sua vita.



Alessia Pifferi, l’avvocato Pontenani: “Con questa perizia è ergastolo”

L’avvocato che assiste Alessia Pifferi, Alessia Pontenani, aveva accolto l’esito della perizia Pirfo con amarezza sottolineando la sua convinzione che la propria assistita, imputata nel processo per l’omicidio della figlia Diana – morta di stenti dopo essere stata abbandonata per una settimana da sola in casa -, in realtà soffrisse di un “deficit cognitivo grave” certificato dal loro consulente di parte. Mentre collateralmente si evolve l’inchiesta che vede indagate la stessa avvocata e due psicologhe di San Vittore, sospettate a vario titolo di falso ideologico e favoreggiamento in merito ai test somministrati in carcere alla 38enne, lo psichiatra Elvezio Pirfo avrebbe illustrato in aula la relazione conclusiva in cui attesta che Alessia Pifferi sarebbe capace di intendere e di volere. 



Con questa perizia è ergastolo sicuro, ma confido nella Corte d’Assise – ha dichiarato Pontenani –. Ritengo che il clima sia ormai viziato dal fatto che il pm ha indagato me e le psicologhe, cosa che ha intimorito tutti“. Secondo la tesi del pm De Tommasi che ha dato impulso, a processo in corso, al filone di indagine sulle tre professioniste (ma l’ipotesi è che ci siano altre persone coinvolte, secondo le recenti indiscrezioni) attraverso un test, il cosiddetto Wais, e con presunte falsificazioni del “diario clinico” si sarebbe fornito un “assist” all’imputata nell’ottica di aiutarla a trovare una linea difensiva alternativa che puntasse all’incapacità per scampare all’ergastolo, in sostanza facendo leva su un disturbo inesistente.