Nuovo colpo di scena nel processo a carico di Alessia Pifferi a Milano. Dopo l’iscrizione di due psicologhe del carcere e dell’avvocata della donna nel registro degli indagati per le ipotesi di favoreggiamento e falso ideologico, uno dei pm avrebbe rinunciato all’incarico e l’accusa si spacca. Una frattura clamorosa con l’uscita di scena del pubblico ministero Rosaria Stagnaro che, dopo aver scoperto che il contitolare del procedimento, Francesco De Tommasi, avrebbe indagato il difensore dell’imputata, Alessia Pontenani, e le due professioniste di San Vittore senza avvisarla, avrebbe deciso di abbandonare il suo posto nel dibattimento.



Il terremoto innescato dalle indagini collaterali sulla condotta di legale e psicologhe avrebbe avuto un pesante contraccolpo, quindi, anche nell’asse dell’accusa che Stagnaro era chiamata a rappresentare insieme al collega. Secondo quanto emerso poche ore fa, la pm avrebbe rimesso la delega al procuratore capo Marcello Viola sigillando, di fatto, un inedito forfait nell’alveo della cronaca giudiziaria italiana. Stagnaro, riporta Il Messaggero, avrebbe motivato la decisione parlando di “totale dissonanza con il collega De Tommasi” per non essere stata informata “sull’inchiesta parallela”.



Alessia Pifferi, una delle psicologhe indagate: “Io innocente e annientata, non lavorerò più in carcere”

Una delle psicologhe indagate per favoreggiamento e falso ideologico (quest’ultima accusa contestata anche all’avvocata di Alessia Pifferi) si sarebbe avvalsa della facoltà di non rispondere alle domande del pm De Tommasi nel corso della recente udienza in Corte d’Assise a Milano. Secondo l’accusa del pubblico ministero, la psicologa, insieme alla collega, avrebbe agito ben al di là delle proprie competenze e fuori dai protocolli aiutando in sostanza l’imputata a trovare una linea difensiva alternativa (quella del vizio di mente) falsificando alcuni atti, tra cui un test sul quoziente intellettivo per consentirle di fingersi incapace, ottenere una perizia psichiatrica e tentare così di alleggerire la sua posizione.



Alessia Pifferi è imputata di omicidio pluriaggravato per aver fatto morire di stenti la figlia di 18 mesi, Diana, abbandonata in casa da sola per una settimana tra il 14 e il 20 luglio 2022. La psicologa avrebbe scritto una lettera ai vertici dell’ospedale e dell’Asst per chiedere di essere destinata ad altro posto lontano dall’impegno dentro le carceri: “Quello che mi sta accadendo lo vivo con angoscia e stupore allo stesso tempo. Sono affranta a e basita. Sono riusciti a spaventarmi e umiliarmi per motivi che fatico a comprendere“, si legge in un passaggio riportato dall’Ansa. La professionista, che per oltre 25 anni avrebbe prestato servizio nei penitenziari, avrebbe espresso la sua volontà di non  lavorare più in carcere. Nella missiva, depositata come memoria anche al pm, la psicologa avrebbe parlato di un “trauma personale” che “ha coinvolto la mia famiglia” riguardo alla perquisizione a cui sarebbe stata sottoposta pochi giorni fa. “Io sono innocente su tutta la linea – avrebbe concluso sottolineando di sentirsi annientata dalla vicenda –. Credo che la verità verrà a galla“. Ai microfoni di Lombardia Nera, l’avvocato Mirko Mazzali, legale che assiste la psicologa indagata, ha sostenuto l’assenza di violazioni nel lavoro svolto dalle professioniste in carcere:Le psicologhe hanno agito alla luce del sole (…). I giudici hanno disposto la perizia non sulla base delle loro valutazioni“.