La difesa di Alessia Pifferi pronta a chiedere una nuova perizia psichiatrica nel processo d’appello dopo la condanna all’ergastolo incassata in primo grado. La 39enne è in carcere dal luglio 2022 e per i giudici della Corte d’Assise di Milano che hanno emesso sentenza pochi mesi fa, era pienamente capace di intendere e volere quando abbandonò per una settimana la figlia di 18 mesi, Diana, lasciandola da sola in casa a morire di stenti.



Per l’accusa, Alessia Pifferi avrebbe preferito vivere una vita “da star” ripudiando i suoi doveri di madre anche a costo di esporre la sua bambina al rischio di morte. Così avrebbe deciso di lasciare il suo appartamento milanese per dedicarsi a una parentesi romantica con il compagno fuori città, senza preoccuparsi delle condizioni della piccola poi trovata senza vita il 20 luglio, al suo ritorno. Secondo l’avvocato che la assiste, Alessia Pontenani, soffrirebbe di “un deficit cognitivo grave” riscontrato dai consulenti di parte e rigettato, invece, dal perito incaricato dal Tribunale, Elvezio Pirfo. Secondo l’esame condotto da quest’ultimo sull’imputata, non ha alcun disturbo mentale e la sua capacità di intendere e volere non è mai stata compromessa.



Alessia Pifferi alla sbarra prima dell’ergastolo: “Non sono un mostro”

Alessia Pifferi, che dopo la condanna all’ergastolo in primo grado di giudizio aveva iniziato uno sciopero della fame poi interrotto dopo pochi giorni, sarebbe apparsa al suo avvocato fortemente “provata, distrutta” dalla sentenza. Alla sbarra per l’omicidio della figlia Diana, morta di stenti dopo un abbandono prolungato in casa sfociato nella sua terribile fine, la 39enne aveva provato a dipingersi come una buona madre e, secondo il pm, a “cavalcare” a suo vantaggio lo spettro di un’incapacità di intendere e volere inesistente.



Davanti alla Corte d’Assise di Milano chiamata a giudicarla, Alessia Pifferi aveva respinto l’immagine di madre assassina facendo leva su quelle che sarebbero state le sue difficoltà di una vita, dal difficile rapporto con la madre alla solitudine nella gestione della sua bambina fino ai presunti problemi cognitivi che il consulente della difesa avrebbe riscontrato nel suo profilo. “Non sono un mostro“, le sue parole in un passaggio della deposizione in aula dopo che la sorella, Viviana Pifferi, aveva pubblicamente smentito la sua versione sostenendo che sia una bugiarda e che finga di non avere gli strumenti cognitivi per rendersi conto di ciò che fa. “Ha sempre deciso per se stessa, mi ha escluso dalla sua vita e ora deve pagare per quello che ha fatto“, ha ribadito la sorella di Alessia Pifferi in udienza e in tv.

L’avvocato di Alessia Pifferi: “È dispiaciuta per l’atteggiamento della sua famiglia”

L’avvocato Alessia Pontenani, difensore di Alessia Pifferi, ha spiegato che la sua assistitia “è dispiaciuta per l’atteggiamento della sua famiglia, non è una gara né una vittoria, non vince nessuno” che, a suo dire, le avrebbe voltato le spalle accusandola di mentire spudoratamente per salvarsi dal fine pena mai.

Il legale ha dichiarato che si aspettava una sentenza così dura, ma il dispiacere maggiore di Alessia Pifferi sarebbe legato al “comportamento di sua madre e di sua sorella“, accusate dalla donna di aver “festeggiato” per la sua condanna. Per l’avvocato Pontenani, la tensione che si è insinuata a processo con l’indagine parallela sul suo conto e su due psicologhe di San Vittore, indagate e accusate a vario titolo di falso ideologico e favoreggiamento, avrebbe pesato come un macigno sul primo grado di giudizio: “Penso non ci sia stato un clima sereno e senza l’inchiesta parallela forse la perizia psichiatrica avrebbe dato esito diverso, la rifaremo con persone differenti da Pirfo e vedremo se tutto quanto prodotto dalla difesa è carta straccia o vale qualcosa”.