Manifestazioni, scioperi, accuse e insulti: la morte di Adil Belakhdim – sindacalista Cobas 37enne travolto dal camion di Alessio Spaziano lo scorso 18 giugno fuori dai magazzini Lidl di Biandrate – non rimane purtroppo solo un tristissimo caso di cronaca con una famiglia disperata per la scomparsa di un marito e un padre. Le rivendicazioni sindacali contro il mondo della logistica, motivo per cui Adil era in picchetto nel momento dell’investimento, stanno divenendo sempre più ingenti e imponenti: mentre proseguono le indagini per capire il grado di volontarietà o meno dell’investimento, oggi a “La Stampa” ha parlato la moglie di Alessio, il camionista ora agli arresti domiciliari in attesa di una decisione formale dei giudici.



Tutti nel paesino vicino Caserta sanno che quel giovane camionista 25enne è un bravo ragazzo, dedito alla vita con la compagna Denise Angelone e alle 2 figlie: «stiamo vivendo una doppia disgrazia. Da una parte perché Alessio è stato arrestato e dall’altra, e questo mi fa ancora più male, perché è morto quel povero sindacalista». Denise racconta alla cronista come la sua famiglia (in questi giorni vive dai genitori) non riesce a finire di pensare a quel povero ragazzo di Adil: «è una angoscia che non conosce pace». Su una cosa però la compagna di Alessio non si tira indietro, nel difendere il marito dopo i tantissimi attacchi e “linciaggi” online in cui si è assistito negli scorsi giorni: «non è un assassino, lui non voleva fare del male a quell’uomo. È stato un incidente».



LE INDAGINI SULLA MORTE DI ADIL

In effetti dai verbali del primo interrogatorio avvenuto nel Carcere di Novara dopo la tragedia di Biandrate, Alessio Spaziano ha spiegato la sua versione dei fatti (fonte “Repubblica”): «Non l’ho visto. Avevo capito che era successo qualcosa ma non pensavo di aver investito qualcuno. E me ne sono andato dal piazzale perché avevo paura. Mi sentivo minacciato e rischiavo il linciaggio». Non solo, il camionista ha spiegato che prima della tragedia già un primo capannello di sindacalisti in picchetto lo aveva accerchiato e fermato: «Mi sentivo minacciato, mi hanno circondato e aperto la portiera: pensavo volessero trascinarmi fuori dalla cabina». La vittima è stata colpita subito dopo, all’ennesimo tentativo di Alessio di uscire dal magazzino e far ritorno verso casa, non prima di un ultimo carico che doveva andare a ritirare sempre al Nord Italia. Denise però non ritiene il “suo” Alessio capace di uccidere volontariamente, «si è trattato di una disgrazia, una sciagura che si è abbattuta su due famiglie, la nostra e quella di quel poveretto».

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