Non fu legittima difesa: è la sintesi del perché i giudici della Corte d’Assise d’appello di Torino hanno condannato il giovane Alex Pompa a 6 anni e 2 mesi di reclusione per l’omicidio del padre violento – dopo l’assoluzione in primo grado -, in quanto la dinamica del delitto, secondo il verdetto, non sarebbe compatibile con lo scenario di una reazione proporzionata ad un pericolo di incolumità.



È quanto emerge dalle motivazioni della sentenza riportate poche ore fa da Adnkronos e nelle quali si legge quanto segue: “È del tutto evidente che l’offesa arrecata al Pompa attraverso l’utilizzo di sei armi e l’inflazione di 34 coltellate non possa dirsi in alcun modo inferiore, uguale o tollerabilmente superiore al male subito o minacciato“. Secondo la Corte nell’agire del figlio finito a processo dopo la morte dell’uomo, e che oggi porta il cognome della madre, Cotoia, “nessuno spazio può trovare un’ipotesi di eccesso colposo in legittima difesa, tenuto conto della sede dei colpi (almeno 15 coltellate in regione dorsale), della reiterazione degli stessi (34) e del numero di armi impiegate (sei coltelli) che depongono unicamente nel senso di una condotta francamente aggressiva“.



Alex Pompa assolto in primo grado e condannato in appello, le motivazioni della sentenza

Alex Pompa, oggi Alex Cotoia, era stato assolto in primo grado e in appello è stato condannato a 6 anni e 2 mesi di carcere per l’omicidio del padre avvenuto a Collegno nell’aprile 2020. Il delitto sarebbe maturato al culmine dell’ennesima lite familiare e per i giudici di secondo grado non fu legittima difesa. Lo hanno scritto nelle motivazioni della sentenza emessa a carico del giovane lo scorso 13 dicembre, sostenendo l’incompatibilità della dinamica omicidiaria con lo scenario portato avanti nella tesi difensiva dell’imputato.



Nel motivare la decisione, la Corte d’Assise d’appello di Torino rileva l’assenza dei presupposti della legittima difesa che “sono un’aggressione ingiusta e una reazione legittima e mentre la prima deve concretarsi nel pericolo attuale di un’offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocia nella lesione di un diritto tutelato dalla legge, la seconda deve inerire alla necessità di difendersi, all’inevitabilità del pericolo e alla proporzione tra difesa e offesa, non potendo, certamente, dirsi sufficiente al suo riconoscimento un pericolo eventuale futuro meramente probabile o temuto“.