Non ci fu legittima difesa, fu omicidio, ma 14 anni di carcere sono troppi. È questo che in sostanza stabilisce la Corte d’assise d’appello sulla vicenda di Alex Pompa, il ragazzo che la notte del 30 aprile 2020 uccise il padre a Collegno, al culmine di una lite. La lunga ordinanza solleva, però, anche la questione della legittimità costituzionale. Infatti, non c’è stata una sentenza: gli atti devono essere trasmessi alla Corte Costituzionale. La norma introdotta dal “Codice Rosso”, nei casi di omicidio aggravato dal vincolo di parentela, vieta di dichiarare la prevalenza di alcune attenuanti e quindi di arrivare ad una pena più bassa. La questione, dunque, è giuridica.



Per i giudici d’appello, Alex Pompa, che all’epoca dei fatti aveva 18 anni, è colpevole, ma la pena “dev’essere proporzionata e calibrata al fatto e alla personalità dell’imputato”. Quindi, i 14 anni di carcere “contrastano con la finalità rieducativa”. L’avvocato difensore Claudio Strata è deluso. “A questo punto l’esito è scontato, Alex verrà condannato. Certamente faremo ricorso per Cassazione per cercare di arrivare a quello che noi sosteniamo, e cioè che il mio assistito non è un assassino”, ha dichiarato il legale a La Stampa.



LA MAMMA DI ALEX POMPA “CI HA SALVATI…”

Mi spiace molto che non sia stato creduto”, ha aggiunto il legale di Alex Pompa. Il ragazzo, invece, al termine dell’udienza ha lasciato Palazzo di Giustizia a Torino senza rilasciare dichiarazione. È stata la mamma a lasciarsi andare ad uno sfogo: “Mio figlio non è assolutamente un delinquente, cosa dovevamo fare per farlo capire, basta guardarlo negli occhi. Se non fosse per lui, io ora non sarei qui”, ha affermato, come riportato da La Stampa. Infatti, Alex Pompa, come il fratello Loris e mamma Maria, per anni è stato vittima delle angherie del padre, ha assistito a minacce e insulti. Quella sera ci fu l’ennesima lite, con toni violenti e accesi, perché l’uomo accusava la moglie di aver sorriso ad un collega di lavoro. Alex Pompa colpì il padre con 34 coltellate, usando sei coltelli diversi. “Ho agito per difenderci. Mio padre stava andando in cucina a prendere un coltello e io l’ho anticipato. Ci avrebbe ammazzati tutti”, dichiarò il ragazzo ai carabinieri. I giudici di primo grado lo avevano assolto, l’interpretazione della Corte d’assise d’appello è diversa: non era una situazione di pericolo “concreta, effettiva e specifica” da configurare la legittima difesa.

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