Dopo anni complicati, fatti di udienze in Tribunale e tentativi di difendersi da un’accusa pesante che lo vedeva imputato per doping, Alex Schwazer continua a raccontare la sua verità, quella che dal 2012 insegue con tenacia e, da pochi mesi, anche il gip di Bolzano ha deciso di accogliere. Risultato positivo nel 2012 ad un controllo a sorpresa, l’atleta altoatesino aveva confessato l’errore chiedendo scusa, ma nel tentativo di tornare per l’Olimpiade di Rio del 2016 un nuovo controllo lo aveva fatto fuori con l’ennesima positività. Per Schwazer, oro a Pechino nella 50 chilometri di marcia, un’altra delusione che però non lo ha frenato: “Sono testardo, avrei potuto vivere accettando quel che mi avevano fatto, ma ho scelto di non farlo nonostante sapessi che sarebbe stata ben più lunga di una 50 chilometri”.



Schwazer, raccontandosi a “La Verità”, ha sottolineato ancora una volta di essere stato vittima di un’infame imboscata, ipotesi che la giustizia ordinaria di Bolzano ha accolto archiviando di fatto l’indagine penale a suo carico per non aver commesso il fatto in quanto i campioni di urina analizzati nel 2012 furono alterati. Lui ci ha messo la faccia, si è difeso e fatto difendere dal suo avvocato e dall’allenatore Sandro Donati, ma tanti altri atleti rinunciano e decidono di inginocchiarsi al potere: “Preferiscono stare zitti prima di mettersi contro qualcuno. Se si arrivasse fino a non gareggiare prima di aver ottenuto regole serie, qualcosa potrebbe cambiare. Difendersi, dal punto di vista economico, costa tanto. Per la giustizia sportiva parliamo di 150-200.000 euro. Se vuoi fare appello devi pagare 21.000 franchi e altrettanti per la controparte, in totale fanno 42.000. E quindi gli atleti non vanno avanti. Non è giustizia questa. Ti mette ko a livello finanziario, impedisce il diritto alla verità”.



Alex Schwazer e l’Olimpiade mancata: “Ero in forma, non la seguirò”

In questi giorni lo stop per un’ingiustizia come quella vissuta fa ancora più male, con le Olimpiadi di Tokyo che dominano in lungo e largo la cronaca quotidiana grazie alle gesta e alle medaglie degli atleti azzurri. In Giappone, per lottare per una medaglia, ci sarebbe potuto essere anche Alex, che però ha subito l’ennesima doccia gelata: “Avevamo chiesto una sospensione della squalifica pur sapendo che sarebbe stata difficile visti i tempi stretti. Ma dovevo qualificarmi, avevo una sola possibilità. Ad aprile ho raggiunto una buona forma, e con una preparazione senza intoppi credo sarei arrivato a una condizione molto simile a quella con cui sbarcai a Rio”. Tokyo 2020 però non è nei pensieri dell’atleta: “Non seguirò le Olimpiadi perché mi voglio bene e non voglio farmi ulteriore male. Guarderò i 10.000 metri perché sono un tifoso di Yeman Crippa. Ecco, quella sarà l’unica gara che cercherò di guardare“.



Schwazer: il doping e l’archiviazione, cosa fa oggi

Negli anni di lotta per la verità, Schwazer non nasconde di aver pensato più volte di abbandonare la sfilza di ricorsi fatti. Oggi però potrebbero nascere nuovi problemi: “Ho pensato di ritirare il ricorso al Tribunale federale svizzero, ma non lo abbiamo fatto: se decidessimo di andare davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo, ci mancherebbe l’istanza di merito. Un nuovo processo sportivo non lo farò, per pura questione economica”. Ma cosa fa oggi Alex Schwazer? “Sto bene, ho un lavoro che mi piace e con tante richieste, una famiglia stupenda. Mi reputo una persona felice e fortunata. Non ho un desiderio particolare, forse che le cose proseguano così come vanno, che i miei figli crescano bene, questo mi basta“ ha spiegato l’atleta. Nello specifico lo sportivo di Vipiteno oggi vive a Stanghe di Racines, una frazione più a valle del comune che gli ha dato i natali: “Da cinque anni alleno podisti amatori, sia qui in regione sia online, sportivi da tutta Italia: li seguo personalmente e quotidianamente”.