Torna a ricordare lo scandalo del doping del 2012, e la successiva squalifica Alex Schwazer, e lo fa ai microfoni di Mowmag, a cui si è raccontato a seguito dell’uscita del suo libro autobiografico “Dopo il traguardo”. Alex Schwazer è partito dal momento più duro: “Sicuramente prima di Londra – spiega – ero entrato in uno stato depressivo che poi si è manifestato con la positività al doping, ma non stavo più bene, non ero io. Ero depresso però non lo sapevo. E chi soffre di depressione lo sa, ogni giorno è una sofferenza. A livello personale – ha continuato – tutti i mesi prima di Londra sono stati molto tosti. Poi mi sono ripreso a livello umano, dovevo affrontare i miei problemi e non ho più pensato al passato. Avevo sbagliato e dovevo pagare accettando le conseguenze delle mie azioni. Da Rio è stata dura, forse però meno: dovevo combattere contro un’ingiustizia e, invece di correre e raccogliere quello che meritavo, sono finito a lottare contro una cosa più grande di me. Tante volte finisce per logorarti, ti chiedi ‘perché è successo a me’”.



Quindi Alex Schwazer, facendo una sorta di bilancio della sua carriera, svela: “Probabilmente stavo meglio prima di aver vinto le olimpiadi (riferendosi a Pechino 2008 ndr). Sono sempre stato abituato a stare nel mio piccolo, le persone che lavorano con me sono sempre state poche. Ci sono atleti che cercano la popolarità, io ho sempre amato lo sport e l’allenamento, ma anche lo stare da solo. A vent’anni fai tanti chilometri in solitudine e poi ti trovi a vincere circondato da persone che non sanno nemmeno quello che fai. Ho sofferto tanto i media”.



ALEX SCHWAZER E IL CASO DI ANDREA IANNONE: “IL SISTEMA ANTI DOPING E’ SBAGLIATO”

Molti i casi di atleti che sono finiti alla gogna per il doping, giustamente o meno, come il caso di Andrea Iannone: “Il sistema dei controlli anti-doping non è fatto per colpire chi si dopa – spiega schietto Schwazer parlando del pilota della MotoGp, squalificato per anni – spesso gli atleti vengono fermati senza che le sostanze assunte influiscano sulla prestazione. Ma ogni anno devono giustificare la loro presenza, i soldi che prendono. Nel caso di Andrea Iannone penso che gli abbiano trovato una sostanza (il drostanolone, ndr.) che non influisce minimamente sul rendimento del pilota. E devi sempre spiegare tu come è finita nel tuo fisico, non sono loro a doverlo dimostrare. Cosa che, spesso, è impossibile”.



“A livello penale non funziona così, è il contrario – ha proseguito l’atleta altoatesino – e se sono dopato devi dimostrarmi anche che ne ho ricavato un vantaggio. Se il sistema sportivo ragionasse come quello penale avrebbero pochissimi casi di doping reali. A volte trovano uno che si è fatto una canna con gli amici e gli danno sei mesi. Ma non parliamo di doping per aumentare la performance”. In chiusura Schwazer spiega con chi vorrebbe andare a cena: “Non è uno sportivo, però mi piacerebbe parlare con Nelson Mandela. Non so se va bene come risposta, spero di sì. Io alla fine ho lottato per me e per le persone che mi sono vicine. Lui l’ha fatto per un popolo, per una nazione, per la libertà. Ed è stato in prigione, io sono libero. Anche se non posso fare le gare”.