Alex Schwazer, ospite nel salotto televisivo di “Oggi è un altro giorno”, trasmissione di Rai Uno condotta da Serena Bortone, ha ripercorso la sua carriera e gli anni più bui, segnati dal doping. Il marciatore ha ricordato di avere vinto la medaglia d’oro a 23 anni nella marcia ai Giochi di Pechino 2008. Lo sport “ha sempre fatto parte della mia vita, da quelle sul ghiaccio all’atletica. Facevo fatica a stare seduto a scuola, a me piaceva questo”. Dopo quel successo a cinque cerchi, però, i risultati successivi non furono all’altezza: “Mi sono trovato spesso in una situazione più grande di me. Mi sentivo vuoto, sempre più vuoto. Facevo una cosa che non mi dava più stimoli, non mi trasmetteva più passione. Dentro di me a Pechino si è chiuso un po’ un cerchio”.



A un certo punto “detestavo di essere Alex Schwazer. Pensavo anche a fare il barista, piuttosto che l’atleta. Avevo nausea nei confronti della mia attività. Io volevo stare in pace, volevo ritrovarmi. Non avevo mai tempo per prendermi una pausa. Ero in un tunnel. Andai ad Antalya per 3 giorni e assunsi una sostanza dopante. Per come sto adesso, non lo rifarei di sicuro”. Superata la crisi, Schwazer si è rimesso ad allenarsi seriamente e stava per partire alla volta dei Giochi di Rio de Janeiro 2016, quando fu ritrovato positivo al doping: il tribunale di Bolzano ha successivamente chiarito che i campioni di urina prelevati furono alterati. “Non ho idea di chi sia stato, c’è un’indagine in corso a Bolzano per questa manipolazione”, ha evidenziato l’atleta. (aggiornamento di Alessandro Nidi)



ALEX SCHWAZER, LA CARRIERA TRA VITTORIE E DOPING

Alex Schwazer è protagonista di uno dei casi doping più intricati e discussi nella storia dello sport, una vicenda che si trascina ormai da anni e che di fatto ha troncato la carriera del marciatore altoatesino, che oggi pomeriggio sarà ospite della trasmissione Oggi è un altro giorno di Rai 1. Proviamo dunque a riassumere in breve le tappe principali della carriera di Alex Schwazer: i ricordi più felici sono ormai lontani, su tutti la medaglia d’oro nella 50 km di marcia alle Olimpiadi di Pechino 2008, ma anche i due bronzi ai Mondiali 2005 e 2007 sempre nella 50 km e l’oro agli Europei 2010, vinto però sui 20 km di marcia.



Il doping era purtroppo già una costante, perché molti suoi avversari di quegli anni (in particolare cinesi e russi) furono ‘pizzicati’ positivi ai controlli antidoping. Forse spinto da una battaglia spietata in una specialità massacrante e che dà poche occasioni di mettersi in luce (una gara sbagliata può rovinare un anno intero), anche Alex Schwazer ci casca, fa uso di doping e viene scoperto proprio nei giorni delle Olimpiadi di Londra 2012: la sua gara sarebbe stata l’11 agosto, la positività viene rivelata il 6 e porterà ovviamente alla sospensione immediata e infine a una dura squalifica a tre anni e sei mesi.

ALEX SCHWAZER, IL RITORNO NEGATO PER LA DISCUSSA SECONDA SQUALIFICA DOPING

Fin qui, una storia come tante e nella quale tutto è chiaro, perché lo stesso Alex Schwazer ammetterà in seguito le proprie colpe. La vicenda si complica nel 2016: il marciatore altoatesino si prepara alle Olimpiadi di Rio de Janeiro, che avrebbero dovuto segnare il ritorno alle competizioni di Alex Schwazer, ecco però la doccia gelata di una nuova positività al doping a un controllo effettuato il giorno di Capodanno 2016 e annunciata il 21 giugno. Anche le controanalisi confermarono la positività e di conseguenza la seconda squalifica ha di fatto posto fine alla carriera di Schwazer, che però in questo caso non ha mai accettato il verdetto, ritenendosi innocente.

La giustizia italiana ha dato ragione ad Alex Schwazer, sancendo che il marciatore non vada processato penalmente per doping perché non si è dopato. Tuttavia, a livello sportivo internazionale non è arrivata una riabilitazione di Schwazer, che è anzi diventata un ‘caso’ tra l’Italia e la WADA (l’agenzia antidoping mondiale). Per riassumere: Alex Schwazer ha sicuramente sbagliato, ha pagato le proprie colpe con la prima squalifica ma poi gli è stato impedito di tornare in gara e riscattarsi dal punto di vista agonistico, con una seconda positività sulla quale ci sono moltissimi dubbi. Un finale amaro per un uomo che ormai ha altre priorità nella vita, ma non vuole essere ricordato nel mondo dello sport come un dopato, per di più recidivo.