Alex Schwazer, ospite a Verissimo, ha ammesso di essere carico per l’avventura al Grande Fratello: “Entro per raccontare la mia storia. Mi allenerò quotidianamente anche dentro la casa, così le persone lo potranno vedere. È un po’ impegnativo allenarsi ogni giorno indoor, ma sarà un ulteriore stimolo. Io spero sempre di potere tornare a gareggiare. La squalifica si concluderà a luglio dell’anno prossimo ma mi auguro che venga ridotta perché le gare preolimpiche sono tutte prima”.



L’atleta ha vissuto momenti difficili proprio a causa dello stop, tanto da arrivare a soffrire anche di depressione: “Nel 2016 ho dovuto superare tanti ostacoli per tornare alle gare, doveva essere l’inizio di anni felici e invece è stato anche peggio del 2012. In quel caso dovevo scontare una squalifica avendo delle colpe, mentre in questo caso era diverso. Sono vittima di un’ingiustizia. L’istante più brutto è stato quando a Rio de Janeiro sono tornato in aeroporto per tornare a casa anziché gareggiare l’indomani”, ha raccontato a Silvia Toffanin. (agg. di Chiara Ferrara)



IL CASO ALEX SCHWAZER: LA SQUALIFICA FINO AL 7 LUGLIO 2024

Alex Schwazer sta per entrare nella Casa del Grande Fratello, ma senza smettere di sognare di partecipare Giochi di Parigi del 2024. Un sogno legato alla squalifica per doping che è stata comminata al marciatore altoatesino fino al 7 luglio 2024, proprio a ridosso delle Olimpiadi. Il periodo delle qualificazioni termina prima della fine della squalifica, quindi l’unica speranza per l’atleta è una possibile riduzione dello stop, che potrebbe ricevere per aver collaborato con l’Athletics Integry Unit (Aiu), la nuova federazione mondiale dell’atletica. Infatti, ha fornito un aiuto importante per svelare un caso di violazione delle norme antidoping. L’odissea di Alex Schwazer ha inizio nel 2012, quando viene trovato positivo all’Epo in un controllo a sorpresa prima dei Giochi Londra. Riceve così una squalifica di tre anni e nove mesi, ma c’è anche un patteggiamento di otto mesi di reclusione sul piano penale, dopo piena confessione. Torna alle gare l’8 maggio 2016, ma il 21 giugno successivo viene trovato nuovamente positivo, al testosterone, dopo un controllo a sorpresa effettuato il gennaio precedente. Di conseguenza, Schwazer viene squalificato per doping per otto anni dal Tas di Losanna alla vigilia di Giochi di Rio, con la Corte federale svizzera che respinge il ricorso.



La svolta arriva sul fronte penale, dopo quattro anni di indagini e perizie: il gip del tribunale di Bolzano, Walter Pelino, dispone l’archiviazione per il procedimento penale contro Alex Schwazer sostenendo che il reato di doping “non sussiste”. Nell’ordinanza di archiviazione avanza l’ipotesi di manipolazione o sabotaggio delle provette di urina e chiede l’apertura di un’indagine contro l’Agenzia mondiale antidoping e la Federazione internazionale di atletica leggera. Il secondo processo sportivo per Schwazer si rivela anomalo e sommario. Per la tardiva notifica della positività, il marciatore pur di provare a partecipare ai Giochi Olimpici di Rio rinuncia al procedimento di primo grado optando per un appello diretto davanti alla sezione speciale “olimpica” del tribunale di arbitrato sportivo, che tratta il caso in poche ore.

IL CASO ALEX SCHWAZER “LE PROVETTE MANIPOLATE”

Sono le analisi portate avanti nel luglio 2018, nell’ambito dell’indagine penale per doping, a rivelare un’alta concentrazione di Dna all’interno dei campioni di urina risultati positivi. Per la difesa di Alex Schwazer ciò dimostra i presunti interventi di manipolazione. La terza perizia del comandante del RIS dei Carabinieri di Parma Giampietro Lago, esposta nell’udienza del 2020, conclude che quella concentrazione “non corrisponde a una fisiologia umana” e che “i dati confermano quindi un’anomalia“. Nell’archiviazione del procedimento penale, il Gip del tribunale di Bolzano scrive che i campioni di urina sono stati “alterati allo scopo di farli risultare positivi e, dunque, di ottenere la squalifica e il discredito dell’atleta come pure del suo allenatore, Sandro Donati“. Conclusioni contestate dalla Wada nel 2021.

IL CASO ALEX SCHWAZER E L’IPOTESI DEL COMPLOTTO

Il caso Alex Schwazer è un’incredibile vicenda sportiva e giudiziaria finita anche su Netflix. Infatti, è stato realizzato un documentario diviso in quattro puntate che riapre un giallo mai chiuso. La serie sostiene l’ipotesi che Schwazer sia stato effettivamente vittima di un complotto da parte di un sistema corrotto che aveva già denunciato quando fu accusato di doping nel 2012, attirando le polemiche del Cio (Comitato Olimpico Internazionale) e della Wada (World Anti-Doping Agency). Ma chi avrebbe manipolato le provette e per quale motivo? Secondo il regista Massimo Cappello le motivazioni sono diverse. “C’è il ruolo del suo allenatore Donati nell’indagine sui russi che portò a una squalifica della Russia per doping nel 2020, per due edizioni olimpiche (Donati ha anche ricevuto delle minacce, ndr)“, ha raccontato al Corriere nei mesi scorsi. “C’è anche il fatto che dopo il riscontro della sua positività, Schwazer abbia parlato e confessato, creando molti problemi ad altre persone. Ha fatto partire una indagine contro figure che sono state accusate di favoreggiamento e che poi sono state assolte perché le fattispecie delle accuse non tenevano però avevano basi solide. Ci potevano essere vari motivi per avercela con Schwazer“. Il regista parla di pressioni da parte della Wada su Schwazer, come se l’obiettivo fosse incastrare il medico Ferrari, ritenuto il “guru del doping”, in cambio di una “redenzione sportiva“. Uno dei tanti aspetti oscuri di questa intricata vicenda.