40 anni fa il Presidente della Repubblica Sandro Pertini si recò davanti al pozzo artesiano di Vermicino (Roma) per fare il punto sul tentativo disperato di salvare il piccolo Alfredino Rampi caduto in quel cunicolo infernale il tardo pomeriggio del 10 giugno 1981. Oggi su “La Verità” Antonello Piroso offre uno spunto diverso dal classico schema del Presidente “più amato degli italiani” vicino anche alla famiglia Rampi nel momento devastante delle ricerche sotto il terreno a Vermicino: «Errammo tutti, ma soprattutto lo Stato, e in primis colui che, a norma di Costituzione, ne è il capo, il Presidente della Repubblica che rappresenta l’ unità nazionale».
Secondo il giornalista e conduttore, la scelta di Pertini di recarsi “in favor di telecamera” mentre si procedeva con i tentati salvataggi fu una sorta di “populismo ante-litteram”. «Per Alfredo ha battuto angosciato il cuore di 50 milioni di italiani», raccontava il Capo dello Stato nell’articolo in prima pagina del Corriere della Sera il 13 giugno ’81, pochi giorni prima del terribile fallimento nel salvare Alfredino. È noto che quella tragedia portò due importanti conseguenze nella storia nazionale: la nascita della Protezione Civile, per coordinare interventi e aiuti in tempi rapidi e con una struttura unica e solida; ma anche la “tv del dolore”, con le dirette di cronaca che furono solo un antesignano anticipo di quanto ancora brulica nei pomeriggi televisivi.
IL POPULISMO DEL PRESIDENTE
Ecco, su questo secondo punto Piroso punta il dito contro il popolo stesso, compreso il suo Presidente di allora: la foto che vedete qui sopra, trovata nell’archivio storico del Quirinale, ritrae Sandro Pertini con le cuffie intento a seguire passo passo quello che stava avvenendo all’interno del pozzo del Vermicino. «Nessuno fu evidentemente in grado di fargli intendere che il suo protagonismo egotico non avrebbe giovato alla causa, ma tant’ è: abile nel cavalcare l’ umore dell’opinione pubblica, un autentico “populista” ante litteram, una volta realizzato che l’ evento stava calamitando l’ attenzione spasmodica degli italiani, raggiunse Vermicino centrando l’ obiettivo di diventare lui, con ciò stesso, la notizia»; da Pertini fino alla stessa Rai, “complice” di oltre 18 ore di diretta ininterrotta a camera fissa con la telecronaca di ogni istante del salvataggio. «Un rito collettivo, un voyeurismo di massa per il primo atto della tv del dolore, con i vertici del servizio pubblico incapaci di staccare la spina», attacca ancora Piroso ricordando come poi l’arrivo di Pertini in quella situazione già di per sé molto caotica contribuì ad una grande confusione generale.
La verità anni dopo venne raccontata da Emilio Fede, all’epoca direttore pro tempore del Tg1: aveva deciso di interrompere la diretta quando lo chiamò il segretario generale del Quirinale, Antonio Maccanico, dicendo «il capo dello Stato stava seguendo il fatto in tv e aveva deciso di andare sul posto, perché lo avevano avvertito che da un momento all’ altro il bambino sarebbe stato tirato fuori. Quindi la non-stop non si poteva stoppare». Pertini voleva partecipare di persona al successo dell’operazione in piena diretta tv: chiosa Piroso, «dietro il gesto di Pertini non c’ era solo il desiderio di esprimere la vicinanza di “tutto il popolo italiano” al piccolo Alfredo, in lotta con la morte, ma soprattutto un calcolo opportunistico, personale e istituzionale, dal momento che – dopo il disastro dei soccorsi per il terremoto in Irpinia con i suoi circa 3.000 morti nel novembre 1980, contro cui Pertini si era scagliato in diretta tv (alla faccia del “la tv è esibizionismo”) – Vermicino può rappresentare la catarsi».