Sono state rese note le parole scritte da Alfredo Cospito, messo al 41 bis perché dalla struttura penitenziaria, non essendosi mai pentito, continuava a mandare lettere ai terroristi in libertà, indicando le modalità per mettere in atto gesti di violenza contro persone ritenute nemiche. Ne pubblica alcuni stralci “Il Giornale”, a cominciare dal seguente: “Ogni volta che capito in una sezione ‘comune’ e mi chiedono per quale motivo mi trovi dentro, io con orgoglio e ironia rispondo che sono un ‘terrorista’. Mi si ‘aprono’ tutte le porte, la solidarietà è massima. Il ‘potere’ lo sa, per questo ci tengono isolati in sezioni speciali”.
Dalla sua cella, Alfredo Cospito era solito fornire indicazioni puntuali ai terroristi: “Gli anarchici sono storicamente ‘intervenuti nel sociale’, come si direbbe oggi, con idee chiare e azioni necessariamente violente, in diversi ambiti e contesti. Da sempre nella storia hanno creato timore, terrore e preoccupazione, sia alle classi privilegiate che ad ogni autorità, governo o istituzione e, naturalmente, anche a tutte quelle componenti politiche rivoluzionarie autoritarie. Oggi, parimenti al livello di violenza che il capitalismo mette in atto nella guerra permanente e nella società tecno-industriale, la risposta di ribellione dovrebbe essere certamente maggiore di quanto sia”.
ALFREDO COSPITO: “ESSERE CONSIDERATO UN TERRORISTA NON È INFAMANTE”
In una missiva del 2019, Alfredo Cospito – riporta ancora “Il Giornale” – scrisse: “Gli/le anarchici/e dovrebbero rendere evidente, come in parte hanno fatto, il loro essere in prima linea negli scontri di piazza, per esempio attraverso scritte sui muri delle vetrine sfondate o dei Ministeri colpiti, ma poi spingersi oltre, affiancando alla lotta di strada attacchi mirati a persone e strutture del governo e a fascisti e recuperatori che dicono di sostenere quel movimento”. Per poi rincarare la dose: “Lo Stato è fatto da persone in carne e ossa, queste ‘persone’ cosa temono dagli anarchici-e? Temono che qualcuno di loro li aspetti sotto casa, temono che gli anni ‘bui’ (per loro) ritornino, che la paura e il terrore cambino di campo. Ce lo dicono loro in tutte le salse, almeno per una volta possiamo dargli credito… Temono il loro incubo peggiore, il tanto demonizzato ‘terrorismo’”.
La ferma convinzione che traspare dalle lettere di Alfredo Cospito è che la “rivoluzione” la possa fare solo “chi ha il ‘diavolo in corpo’. E chi ha il ‘diavolo in corpo’ non ha paura della parola ‘terrorismo’, perché desidera con tutte le sue forze che i potenti vivano nel terrore almeno quanto le loro vittime i ‘dannati della terra’. È per questo che non voglio edulcorare dal mio vocabolario questa parola. Non sarà certo il Codice penale con le sue condanne o la minaccia della ‘spada di Damocle’ del 41 bis sospesa sopra la mia testa a farmi cambiare idea e a farmi tacere. Non riesco proprio a leggere come infamanti le accuse di ‘terrorismo’ o di ‘associazione sovversiva’”.