Come è noto gli algerini membri dell’Hirak – o movimento – sono scesi in piazza il 14 luglio per manifestare contro l’attuale regime e per chiedere un cambiamento profondo a livello politico. Infatti, dopo la scadenza del mandato politico del presidente ad interim Abdelkader Bensalah succeduto a causa delle dimissioni di Abdelaziz Bouteflika, il consiglio costituzionale, per mancanza di candidati, è stato costretto a prorogare a tempo indeterminato la sua nomina.
La seconda novità emersa da questa situazione magmatica è certamente l’elezione del nuovo presidente dell’Assemblea nazionale e cioè Slimane Chenine, esponente del gruppo parlamentare islamista Ennahda-Adala-Bina, nomina voluta probabilmente dal generale Gaïd Salah capo delle forze armate.
Difficile negare che sia proprio il capo delle forze armate a costituire l’elemento forte e di continuità con il vecchio sistema di potere. L’attuale situazione in Algeria può essere letta infatti anche come una spietata lotta di potere all’interno dei vari apparati iniziata con l’alleanza provvisoria tra Saïd Bouteflika, fratello dell’ex presidente, e il generale Ahmed Gaïd Salah, alleanza che aveva consentito a quest’ultimo di liquidare il generale Toufik a capo da 25 anni dei servizi di sicurezza, il quale per vendicarsi di questa azione politica aveva deciso di allearsi con Saïd Bouteflika, come ha confermato l’ex generale Khaled Nezzar, già ministro della Difesa, che sostiene che proprio Saïd Bouteflika gli avrebbe proposto di liquidare il generale Gaïd Salah.
Tuttavia queste trame non solo non hanno dato l’esito sperato ma hanno rafforzato il generale Gaïd Salah che, allo stato attuale, tiene dietro le quinte le redini sia del potere politico che del potere militare in Algeria. Non è certo un caso che proprio nei suoi confronti il movimento algerino abbia mosso proteste durissime chiedendone la rimozione da ogni incarico.
Per comprendere appieno la situazione dell’Algeria attuale è necessario capire la dinamica e il ruolo sia delle forze armate che dei servizi di sicurezza.
Secondo le fonti della Cia le forze armate algerine rimangono quelle meglio addestrate in tutta l’Africa, un esercito che risponde direttamente al presidente in quale ricopre anche la carica di ministro della Sicurezza nazionale. E d’altra parte il peso del mantenimento delle forze armate pesa rispetto al Pil nazionale di circa il 5%. La distribuzione delle risorse economiche per quanto sia alta è il risultato della necessità di prestare particolare attenzione sia alle minacce che provengono dal sud – dal Mali e dal Niger – sia da est e cioè dalla Libia. Non vi è dubbio alcuno che modernizzare l’esercito costituisca una grande sfida strategica per un leader regionale come l’Algeria. Oltre al desiderio di rimanere a capo del continente in quest’area, l’Algeria deve affrontare importanti sfide di sicurezza come la salvaguardia dei suoi confini e la lotta al terrorismo.
Queste nuove sfide geopolitiche, associate alla professionalizzazione del suo esercito, richiedono che si modernizzi. Secondo il Global Power Power Report “L’esercito algerino, grande e potente, lavora continuamente per soddisfare le esigenze di modernizzazione e gestione”.
Secondo l’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (Sipri), l’Anp, l’esercito algerino, è il settimo importatore di armi al mondo. Compra in modo massiccio le sue attrezzature dal suo partner principale: la Russia. Oltre all’acquisizione di navi da guerra e petroliere, l’Anp ha ordinato 12 bombardieri tattici SU-34 “Fullback” a Mosca per 27 milioni di dollari ciascuno.
Tuttavia, l’Algeria vuole conseguire questa modernizzazione per poter raggiungere una autentica autonomia strategica nei confronti dei suoi fornitori.
La posta in gioco è alta per l’Algeria perché, oltre alla conquista della sua autonomia strategica, è anche in gioco il futuro del suo equilibrio economico: attualmente infatti è fortemente indipendente dal settore petrolifero e quindi prova a diversificare le sue fonti di reddito. D’altra parte il petrolio rappresenta quasi il 30% della sua ricchezza, il 98% delle sue esportazioni e il 70% delle sue entrate fiscali. Il calo del prezzo del greggio dal 2014 porta quindi l’Algeria a continuare i suoi sforzi di investimento nel settore militare.
A tale proposito, con un’estrazione annua pari a 130 miliardi di metri cubi, l’Algeria è fra i primi dieci Paesi al mondo per produzione di gas naturale. Una risorsa strategica che prende principalmente la via del nord: dalle coste che si snodano fra Marocco e Tunisia partono tre gasdotti – uno verso la Sicilia e due verso la Spagna – che fanno di Algeri il terzo fornitore europeo di gas naturale.
Per quanto riguarda il nostro paese, l’infrastruttura più importante è il gasdotto Transmed-Enrico Mattei, che dopo un transito in Tunisia passa sotto il Mediterraneo per arrivare a Mazara del Vallo ed è in grado di trasportare oltre 30 miliardi di metri cubi l’anno.
In questo contesto geopoliticamente instabile la “defenestrazione” di Abdelmoumene Ould Kaddour, numero uno di Sonatrach – il colosso energetico di Stato – non ha impedito a Eni di siglare un memorandum per consolidare i suoi rapporti con Sonatrach.
Per quanto concerne i rapporti tra Algeria e l’industria militare italiana, come è noto il 25 marzo scorso il ministero della Difesa ha concluso un accordo che vede la costituzione di una società mista con la partecipazione del 49% dell’italiana Leonardo (ex Finmeccanica) per il montaggio di elicotteri nella regione di Setif, con i relativi servizi di addestramento, e orientata anche all’export. Si parla di tre tipi di velivoli, destinati a diversi settori della difesa.
Prende forma concreta il partenariato italo-algerino firmato nell’agosto 2016. D’altra parte nel febbraio di quest’anno la ministra della Difesa Elisabetta Trenta era stata ricevuta ad Algeri dal capo delle forze armate, generale Gaïd Salah.
Del resto, l’Algeria, secondo il Sipri (Stockholm International Peace Research Institute), rappresenta il secondo principale acquirente di sistemi d’arma italiani nel quinquennio 2014-2018 (9,1%).
Ritornando alla dimensione squisitamente militare, è difficile negare che uno dei pilastri della sicurezza nazionale dell’Algeria sia l’intelligence militare, che gravita intorno al Drs (Dipartimento dell’intelligence e della sicurezza) e al Dce (Direzione di controspionaggio algerino) che con le sue brigate e divisioni è impegnato nel contrasto della lotta anti-jihadista. I due servizi di sicurezza sono naturalmente collocati ai vertici delle forze armate a stretto contatto con il presidente. Di particolare importanza è il comando militare integrato – ereditato dalla Francia – dislocato tra Mali, Algeria, Mauritania e Niger con base a Tamanrasset.
Per quanto riguarda la difesa aerea territoriale questa dispone sia di tre reggimenti muniti di sistema di difesa russi sia di quattro gruppi che si occupano della gestione dei missili S-400 di fabbricazione russa dotati di un’elevata gittata e precisione. Nel contesto dell’ordine pubblico Algeria dispone della Gendarmeria nazionale composta da circa 152mila uomini. Sostanzialmente è una struttura paramilitare fatta da uomini che grazie loro addestramento possono trasformarla in una struttura militare vera e propria. Accanto alla Gendarmeria vi sono 200mila unità che operano all’interno della Sicurezza nazionale una sorta di polizia urbana che controlla stranieri, i visitatori e soprattutto le popolazioni che vivono alle porte di Algeri.