A Malaga, in occasione del Congresso Internazionale sulla Medicina Riproduttiva, è stato presentato il primo algoritmo al mondo per gestire la procreazione assistita. Si tratta, a tutti gli effetti, di una novità importante e che strizza l’occhio tanto alla salute delle donne che, concretamente, cresceranno l’embrione, tanto ai desideri dei futuri genitori, che così potranno selezionare una serie di caratteristiche del nascituro. Di fatto va sottolineato che l’algoritmo per la procreazione assistita funzionerà, almeno in un primo momento, come supporto al lavoro dell’embriologo, evitando i possibili errori umani, ma in futuro non si può escludere che si perfezionerà sempre di più, superando del tutto la necessità del supporto di un esperto.
Come funziona l’algoritmo per la procreazione assistita
Insomma, si tratta del primo studio al mondo che cerca di applicare un algoritmo alla procreazione assistita e i primi risultati, presentati appunto a Malaga, sembrano essere piuttosto incoraggianti. Infatti, i suoi sviluppatori hanno dimostrato come riesca ad individuare con precisione quali embrioni sono più sicuri ed hanno maggiori probabilità di successo evolutivo. Infatti, per quanto la medicina vada avanti, la fecondazione “in vitro” risulta essere ancora una pratica piuttosto rischiosa e che talvolta fallisce, causando dolore alla donna, oltre ad una iperstimolazione ovarica.
A conti fatti, insomma, l’algoritmo per la procreazione assistita offre nuove possibilità dal punto di vista della sicurezza della gravidanza e della sua concreta riuscita. Attualmente, infatti, la selezione degli embrioni sicuri spetta ad un medico specializzato, che tuttavia corre il rischio di sbagliare, causando dolore inutile alla donna che si sottopone alla pratica. Ma non si tratterebbe, però, esclusivamente di una questione di sicurezza, perché secondo i suoi creatori l’algoritmo per la procreazione assistita sarebbe anche in grado di selezionare il sesso ed alcune caratteristiche fisiche del nascituro (come il colore dei capelli e degli occhi, o la potenziale altezza). Inoltre, riuscirebbe a comprendere se l’embrione in questione potrebbe dar vita ad un bambino con malattie cromosomiche o genetiche, escludendolo e risparmiando, da un bambino e ad una famiglia, la sofferenza che ne consegue.