Mehmet Ali Agca, l’attentatore di nazionalità turca che sparò a Papa Giovanni Paolo II in piazza San Pietro il 13 maggio 1981, oggi ha 63 anni. Sono trascorsi ormai quattro decenni da quell’accadimento che sconvolse il mondo intero e che costrinse Karol Wojtyla a lottare per la vita al policlinico Gemelli, dove i chirurghi lo diedero per spacciato: “Gli stessi medici che eseguirono l’intervento, in primis il professor Francesco Crucitti, mi confessarono di averlo preso in carico senza credere nella sopravvivenza del paziente”, ha affermato in tempi non sospetti l cardinale Stanislaw Dziwisz, storico segretario dell’amato e mai dimenticato pontefice polacco.



Nonostante l’incedere del tempo, non si sono ancora diradati i dubbi legati a quell’episodio: Ali Agca è stato l’esecutore materiale del tentato omicidio, ma chi erano i mandanti? E perché Papa Giovanni Paolo II doveva morire? Di certo, si sa che in quel periodo il giovane apparteneva a un’organizzazione terroristica collegata alla Turchia ma avente sede in Bulgaria, i cosiddetti “Lupi grigi”, ma da subito gli inquirenti tendono a escludere che il gruppo possa avere agito in solitaria. Arrestato e processato più volte, Ali Agca ha fornito versioni in netta ed evidente contraddizione fra loro, forse proprio con lo scopo di sviare le indagini e confondere l’opinione pubblica.



ALI AGCA ERA AL SOLDO DELLA RUSSIA?

Fra le ipotesi circolate in questi quattro decenni, vi è quella secondo cui Mehmet Ali Agca potesse essere al soldo della Russia, visto e considerato che la figura di Papa Giovanni Paolo II risultava in qualche modo poco gradita all’Est Europa e all’Unione Sovietica. Prove, in tal senso, non sono mai emerse, ma secondo alcune voci, i rappresentanti del controspionaggio statunitense vennero a conoscenza delle trame ordite dal Kgb sovietico e connesse alle note ragioni storiche dell’epoca. In particolare, il pontefice era considerato il passepartout in mano alla Cia per scardinare definitivamente il Muro di Berlino, poi crollato nel 1989, e porre fine al regime comunista sovietico. Retroscena nel retroscena: nel corso di una cena con il giornalista Indro Montanelli, Karol Wojtyla confessò alcune sue impressioni. Quali? Eccole: “Parlai con quell’uomo. Dieci minuti, non di più: troppo poco per capire qualcosa di moventi e di fini che fanno certamente parte di un garbuglio molto grosso. Ma di una cosa mi resi conto con chiarezza: che Ali Agca era rimasto traumatizzato non dal fatto di avermi sparato, ma dal fatto di non essere riuscito, lui che come killer si considerava infallibile, a uccidermi. Era questo, mi creda, che lo sconvolgeva: il dover ammettere che c’era stato qualcuno o qualcosa che gli aveva mandato all’aria il colpo”.

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