Dieci minuti rimasti segreti per 38 anni e, forse, così rimarrà per sempre: il 27 dicembre 1983 Papa Giovanni Paolo II fa visita in carcere a Rebibbia (Roma) ad Ali Agca, il sicario turco dei “Lupi Grigi” che ha sparato a Wojtyla in Piazza San Pietro solo 2 anni prima. Oggi – a 40 anni da quel triste evento contro il Santo Padre polacco – il perdono concesso da San Giovanni Paolo II al “fratello che mi ha ferito“ lascia ancora stupefatti e commuove per l’incrollabile fede testimoniata da quell’uomo vestito di bianco che ha contribuito alla sconfitta delle grandi ideologie del Novecento.
Nel giorno in cui la Chiesa celebra la Madonna di Fatima, il misterioso e mai del tutto “inquadrato” Ali Agca tentò di assassinare il Papa: già il 17 maggio, dopo aver superato l’incredibile operazione chirurgica (dove i medici, increduli, constatarono il percorso “magico” della pallottola sparata da distanza ravvicinata e “condotta” lontana dagli organi vitali da una miracolosa “Mano materna”) Papa Wojtyla nell’Angelus dalla corsia d’ospedale annuncia «Prego per il fratello che mi ha ferito, al quale ho sinceramente perdonato». L’anno successivo poi, recandosi a Fatima (dove subì un secondo attentato, questa volta incolume) San Giovanni Paolo II aggiunge «Ed ecco, oggi sono qui. Sono venuto a ringraziare la Divina Provvidenza in questo luogo che la Madre di Dio sembra avere così particolarmente scelto. “Misericordiae Domini, quia non sumus consumpti”, ripeto ancora una volta con il profeta».
ALI AGCA: “IL PAPA È COME UN FRATELLO PER ME”
Dopo solo pochi mesi dall’attentato già il Papa voleva incontrare il 23enne turco rinchiuso nel carcere di Rebibbia, ma le diplomazie di Santa Sede e Governo italiano riuscirono nell’intento solo nel Natale del 1883: 10 minuti passati da soli, senza microfoni o telecamere, con qualche foto a ricordare lo storico incontro e un abbraccio che ha fatto il giro del mondo. «Ho parlato con lui come si parla con un fratello, al quale ho perdonato e che gode della mia fiducia. Quello che ci siamo detti è un segreto tra me e lui», furono le uniche parole riferite di Papa Giovanni Paolo II anni dopo quell’incontro. Il giornalista Indro Montanelli fu l’unico a discutere di quell’incontro-perdono in un dialogo privato con Wojtyla: «parlai con quell’uomo dieci minuti, non di più: troppo poco per capire qualcosa di moventi e di fini che fanno certamente parte di un garbuglio… si dice così?… molto grosso. Ma di una cosa mi resi conto con chiarezza: che Ali Ağca era rimasto traumatizzato non dal fatto di avermi sparato, ma dal fatto di non essere riuscito, lui che come killer si considerava infallibile, a uccidermi. Era questo, mi creda, che lo sconvolgeva: il dover ammettere che c’era stato Qualcuno o Qualcosa che gli aveva mandato all’aria il colpo».
L’ex Lupo Grigio venne condannato all’ergastolo con l’accusa di “attentato a Capo di Stato Estero” ma venne estradato in Turchia lo scorso 2000 quando anche il Quirinale con il Presidente Ciampi concesse il “perdono” al terrorista, redento da quell’incontro con Papa Giovanni Paolo II nel carcere di Rebibbia. Intervistato di recente dal Mirror, Ali Agca diede la sua versione di quell’incontro, al di là delle invettive lanciate contro presunti complotti internazionali che vi erano all’origine di quell’attentato: «è stato destino. E’ stato destino che sopravvivesse. Io sono molto contento che non è morto. Il Papa è diventato come un fratello per me. Quando è morto ho provato il dolore della perdita di un fratello o del mio migliore amico». Ali ogni giorno ripensa a quegli attimi in San Pietro e confessa «penso a come ho sparato al Papa quasi ogni giorno… non più tutti i giorni ma la maggior parte. Sono un brav’uomo adesso. Cerco di vivere la mia vita in modo appropriato. Quando ho sparato avevo 23 anni, ero giovane e ignorante».