Il caso di Alice Brignoli, la foreign fighter italiana convertitasi all’Islam, andata a combattere per l’Isis in Siria e condannata a 4 anni di carcere a Milano, è stato analizzato in occasione dell’ultima puntata di “Lombardia Nera”, trasmissione in onda su “Antenna 3”. La donna è convolata a nozze in quel di Lecco con un estremista, poi ha fatto le valigie e si è trasferita in Siria, istruendo il figlio di soli 7 anni a fare la guerra (il suo secondo figlio è nato invece in un campo profughi in Siria, ndr).



Su questa vicenda si è espressa l’onorevole Silvia Sardone, europarlamentare della Lega, affermando di fronte alle telecamere che “quattro anni sono troppo pochi per una donna che ha compiuto atti del genere. Come si fa a lasciare i figli a una donna così? Salviamo questi bambini da una persona che ha deciso di dare un mitra in mano a un bambino di 7 anni!”. Secondo Sardone, “entrambi i genitori hanno pari responsabilità, perché, avendo intrapreso un viaggio per andare a fare la Guerra Santa, si sono rivelati potenziali terroristi. Tutti e due hanno responsabilità: lui perché ha avvicinato lei a una certa concezione dell’Islam e del fanatismo, lei in quanto ha deciso di abbracciare princìpi come questi, che sono assolutamente da condannare”.



CASO ALICE BRIGNOLI, ABDU: “SONO PREOCCUPATO”

In merito al caso Alice Brignoli, l’onorevole Sardone ha concluso il proprio intervento a “Lombardia Nera” asserendo: “Io sono molto preoccupata per l’atteggiamento dell’Europa, perché il primo pericolo nel Vecchio Continente è ritenuto essere l’Islamofobia, ma nessuno parla mai dei cristiani perseguitati nel mondo”. Mattia Abdu, esponente del Pd, ha detto quindi la sua sulla questione: “Il tema non è condividere o meno la conversione a un’altra religione, piuttosto trovo drammatico che un essere umano metta in mano un mitra ai bambini. Quante volte ci lamentiamo del fatto che nel Terzo Mondo i bambini giochino con le armi perché hanno solo quello? Lì c’è proprio un’idea per cui tu nasci per essere un soldato islamico, come se si trattasse delle nostre crociate di cinquecento anni fa. Laddove i tessuti familiari sociali e locali nelle comunità sono deboli, anche per via dei minori contatti, chissà quanta gente si informa su internet e quanti terroristi acclarati si formano sul web…”.

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