Liza Kladou, la moglie di Mohamed Gaaloul, ha rotto il silenzio. La donna, nelle score ore, ha avuto modo di incontrare il marocchino accusato di avere ucciso Alice Neri e dato alle fiamme il suo cadavere. “Io ho visto nei suoi occhi l’innocenza, più delle parole”, ha affermato in una intervista a Quarto Grado. “Io sono convinta del fatto che non sia lui l’assassino, so che mio marito è un bravo ragazzo. Ci conosciamo da più di due anni, non mi ha mai dato problemi. Ci siamo sposati perché siamo molto innamorati”.



La donna di origini greche ha raccontato inoltre ciò che è accaduto nella notte della morte di Alice Neri. “Mi ha chiamato a mezzanotte e mi ha detto che era a Concordia ed era tutto ok. Io mi sono addormentata. Non so esattamente dove e con chi fosse. Non è tornato a casa a dormire”. Poi, dopo qualche giorno, la fuga. “Mohamed non è scappato, si è recato in Francia per lavoro. È partito un giorno prima di me in modo da prendere dei soldi da alcuni amici a Milano affinché potessi partire anche io con lui. Io poi l’ho raggiunto in Svizzera, ma dopo quattro giorni sono tornata in Grecia. È solo in quei momenti che ho scoperto questa storia e che lo stavano cercando. Neanche lui ne era a conoscenza”.



Alice Neri, a Quarto Grado la testimonianza della moglie di Mohamed Gaaloul: “Non è stato lui”

Liza Kladou è convinta dunque dell’innocenza del marito Mohamed Gaaloul, al momento il principale sospettato dell’omicidio di Alice Neri. I Carabinieri non hanno raccolto la sua testimonianza, ma hanno sequestrato il suo telefono per verificare i contatti avuti nella notte del delitto e nei giorni successivi. Adesso, dopo essere stata in Grecia, è tornata in Italia proprio per incontrare in carcere l’uomo.

La famiglia di Mohamed Gaaloul, da parte sua, chiede che si indaghi sulle altre auto inquadrate dalle telecamere di sorveglianza nella zona in cui si trovava Alice Neri la notte della morte. Il presunto killer, infatti, sostiene di essersi fatto lasciare in strada dalla vittima. Gli inquirenti invece stanno cercando delle tracce nel bidone dell’olio esausto utilizzato per dare alle fiamme l’auto della donna con il suo cadavere dentro. Di impronte non ne sono state trovate, ma è possibile che siano rimaste delle tracce del Dna. Anche i vestiti e il borsello che il marocchino indossava in quei momenti verranno analizzati.