La madre di Alberto e Alice Scagni, Antonella Zarri, ha incontrato il figlio dopo l’aggressione subita in carcere e ha ribadito la necessità di un trasferimento in una struttura diversa perché sia curato. Da tempo, la donna e suo marito conducono una battaglia per sensibilizzare le autorità sulla vicenda e sulla complessità del caso che riguarda il loro figlio, condannato a 24 anni e 6 mesi di carcere per l’omicidio della sorella con sentenza confermata pochi giorni fa dalla Corte d’Assise d’appello di Genova.
Il secondo grado ha ribadito l’esito del primo, nonostante il riconoscimento della seminfermità mentale dell’imputato. Secondo l’accusa, avrebbe premeditato il delitto compiuto sotto casa della vittima il 1° maggio 2022. Per la famiglia, il giovane dovrebbe essere destinato a una Rems, una residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza, alla luce di condizioni che ritiene incompatili con la detenzione. Al Corriere della Sera, la mamma ha ripetuto il suo punto di vista sottolineando alcuni aspetti nevralgici in una storia in cui continua a sentirsi inascoltata, “abbandonata” dalle istituzioni. L’intervenuta archiviazione dell’indagine parallela, aperta su impulso della sua denuncia contro due agenti e una dottoressa della Salute mentale (che a suo dire avrebbero sottovalutato le reiterate richieste d’aiuto dei familiari sull’aggressività crescente del figlio, proprio a ridosso della tragedia), non avrebbe fatto altro che confermare il suo sentimento di sfiducia nel sistema giustizia.
Antonella Zarri, madre di Alberto e Alice Scagni: “Mio figlio va curato, in carcere non guarirà”
Per la madre di Alberto Scagni, il carcere peggiorerà la situazione e le condizioni del figlio non sarebbero affatto compatibili con un regime detentivo. Pur riconoscendo la gravità di quanto commesso, insiste sulla necessità di un intervento che consenta di fornirgli assistenza adeguata anche attraverso il trasferimento in un luogo diverso dal penitenziario. Come dichiarato al quotidiano, Antonella Zarri critica anche i tempi troppo stretti del processo, e dice che il secondo grado appena concluso è stato “un appello sprint” nel quale tutto sarebbe stato già “scritto” prima di emettere il verdetto perché si sarebbe fossilizzata la convizione di dover rinchiudere il “mostro” dietro le sbarre per dimenticarlo e non pensarci più.
Il pm aveva chiesto l’ergastolo per il giovane e la madre sostiene che questo derivi dal fatto che, nonostante le perizie che dimostrano i suoi disturbi, ancora oggi qualcuno nutrirebbe dubbi sulla sua malattia che, invece, “andrebbe curata” . Poche ore prima che Alice Scagni venisse uccisa dal fratello con 19 coltellate, Alberto Scagni telefonò al padre inveendo contro la famiglia e la stessa sorella. Sarebbe stata l’ultima, tragica serie di minacce dopo le esplosioni di rabbia sempre più frequenti, allarmanti ed esplicite da spingere i genitori ad allertare la polizia nel tentativo di arginare quell’escalation di tensione, senza però ottenere il supporto che avrebbero voluto.