Sono stati sottoposti a interrogatorio i due agenti di polizia e la dottoressa della Salute Mentale della Asl3 indagati nell’ambito dell’inchiesta legata all’omicidio di Alice Scagni, la giovane uccisa dal fratello Alberto il 1° maggio 2022 sotto la sua abitazione a Genova. Lo riferisce l’agenzia di stampa ANSA, precisando altresì che “il dirigente della sala operativa della Questura (difeso dall’avvocato Pietro Bogliolo), l’agente (avvocato Rachele De Stefanis) e la dottoressa (avvocato Andrea Sciello) sono accusati delle presunte omissioni e sottovalutazioni degli allarmi lanciati dai familiari (assistiti dall’avvocato Fabio Anselmo)”.



In base a quanto si legge nella nota d’agenzia, i poliziotti avrebbero detto al pubblico ministero Paola Crispo e all’aggiunto Vittorio Ranieri Miniati di avere domandato ai genitori di Alice e Alberto Scagni se il figlio si trovasse nelle vicinanze della loro casa quando hanno telefonato alla centrale operativa, così da comprendere se il pericolo fosse imminente o meno. Dinnanzi alla loro risposta negativa, gli agenti avrebbero quindi rivolto alla coppia l’invito a richiamare la centrale per richiedere l’invio delle volanti, qualora il figlio si fosse presentato sotto casa loro o della figlia.



ALICE SCAGNI, INDAGATI POLIZIOTTI E MEDICO: LA SITUAZIONE

Il fascicolo bis sul caso Alice Scagni, sottolinea l’ANSA, “era nato dopo le accuse e la denuncia presentata dalla madre della vittima e dell’omicida, Antonella Zarri, e dal marito”. Sette ore prima del delitto, i genitori avevano ricevuto una telefonata minatoria da parte del figlio, il quale chiedeva soldi: “Fra 5 minuti io controllo il conto, se non c’ho i soldi stasera Gianluca (Calzona, marito della vittima, ndr) e tua figlia sai dove c… sono, lo sai dove c… sono?”.

Secondo la madre dei due ragazzi, dinnanzi alla richiesta d’aiuto espressa da lei e dal marito, si era palesato solo immobilismo. Invece, “per i difensori degli agenti in quel momento non c’era alcun pericolo imminente”.  Giova rammentare che Alberto Scagni, difeso dagli avvocati Maurizio Mascia ed Elisa Brigandì, è stato sottoposto a perizia psichiatrica e a giudizio di Elvezio Pirfo, perito nominato dal gip, “è seminfermo di mente, ma capace di stare in giudizio”. Invece, il consulente della Procura Giacomo Mongodi lo aveva definito pienamente capace d’intendere e volere.