Mentre il trasporto aereo rimane il settore più colpito dalla pandemia Covid-19 (nella seconda settimana di dicembre -42% dei voli a livello globale, ma oltre -60% a livello europeo e -69,5% in Italia), muove i primi passi “Italia Trasporto Aereo Spa”, la nuova compagnia aerea in cui il Governo italiano ha deciso di investire.
Considerato che la nuova azienda potrà utilizzare fino a tre miliardi di soldi pubblici, è opportuno tenersi informati su quanto succede: una buona occasione è stata l’audizione alla commissione trasporti della Camera del presidente, Francesco Caio, e dell’amministratore delegato e direttore generale, Fabio Maria Lazzerini.
Prima di riportare sinteticamente quanto detto, ricordiamo quali sono i “paletti” che segnano la strada della nuova società: 1) entro un mese dalla costituzione, cioè entro il 21 dicembre, il cda deve approvare un piano industriale; 2) questo deve dimostrare la possibilità della nuova iniziativa di “stare sul mercato” in modo profittevole, senza bruciare con le perdite i capitali conferiti; 3) il piano deve essere approvato dalla Commissione europea come condizione essenziale per consentire l’esercizio dell’attività; 4) la nuova società deve svilupparsi in “completa discontinuità” con “Alitalia – Società Aerea Italiana A.S” (in amministrazione straordinaria), per evitare il rischio che i creditori di quest’ultima possano chiedere di essere pagati dalla nuova società.
Il copione è quindi già in gran parte scritto: la nuova società non vuole essere una low cost, ma punta a catturare i passeggeri “premium”, disposti a pagare prezzi più alti; sta trattando per decidere con quale alleanza globale allearsi (essendo nuova, può scegliere perché non vincolata da precedenti alleanze), ma, soprattutto, inizierà a operare da aprile e per 12-18 mesi “navigherà a vista”: cioè farà crescere la propria struttura operativa gradualmente, assecondando la ripresa del mercato.
La strategia presentata in commissione è lineare, ma sembra ignorare il fatto che c’è una società in amministrazione controllata, che sta perdendo soldi per “tenere in caldo” attività e slot fino a quando le condizioni saranno favorevoli (fra due anni?), affinché la nuova società le possa comprare. Con quali risorse l’amministrazione straordinaria potrà resistere? Bruciando interamente il patrimonio residuo? Forse i creditori potrebbero avere qualche obiezione. Inoltre, non è solo una questione di tempo ma anche di dimensioni: nell’audizione non si è parlato di numeri, ma la debolezza della domanda rende inevitabile che la dimensione della nuova società sia molto inferiore a quella dell’attuale Alitalia, con esuberi di alcune migliaia di addetti (5.000?).
Le domande dei parlamentari hanno messo in chiara evidenza che l’attesa generale è invece completamente un’altra: non solo il completo assorbimento degli attuali addetti di Alitalia, ma anche di quelli lasciati a casa da Air Italy e degli altri vettori che, non appena potranno riprendere i licenziamenti, dovranno adeguare gli effettivi alle nuove e ridotte dimensioni del servizio. Ancora una volta sembra andare in scena una commedia degli equivoci, dove gli attori si muovono ciascuno secondo una propria interpretazione della realtà, del tutto confliggente a quella degli altri.
Occorrerebbe invece il coraggio di uscire dalle false illusioni e osservare onestamente che il trasporto aereo uscirà da questa pandemia molto ridimensionato: occorre mettere mano a un piano di settore, che riconnetta dentro un unico disegno la gestione degli aeroporti (altro comparto in drammatica crisi) e del trasporto aereo, insieme a un vasto piano di riconversione industriale, guidato da criteri di equità tra i territori e tra i lavoratori.
Con un’amara considerazione: aver tanto tirato per le lunghe la crisi di Alitalia ci ha portato ad affrontare il passaggio definitivo nel peggior momento possibile.