ITA, l’aspirante nuova Alitalia, ha fatto lunedì 16 il volo di prova necessario per ottenere le autorizzazioni previste per gli operatori aerei. Queste ultime, il COA – Certificato di operatore aereo e la connessa licenza, sono state appena rilasciate dall’autorità competente, l’Enac, e in conseguenza ITA può iniziare a raccogliere prenotazioni per i suoi voli, il cui debutto è previsto per il prossimo 15 ottobre. Due misteri restano tuttavia irrisolti sul passaggio del testimone tra la vecchia Alitalia e la nuova ITA. Il primo di essi è già stato illustrato in un precedente intervento e riguarda il ruolo dell’Europa, nello specifico la Direzione Generale Concorrenza il cui Commissario è M. Vestager. Che cosa avrebbe approvato esattamente o dovrebbe approvare in futuro la Commissione Ue in relazione a questo passaggio? Poiché la risposta al momento non è stata data tocca ripetere la domanda e ragionare su di essa.
Mistero n. 1: cosa ha deciso esattamente l’Europa?
Questo mistero è sorto in conseguenza di ciò che non ha svelato il comunicato stampa col quale lo scorso 15 luglio il ministero dell’Economia e delle Finanze ha annunciato l’accordo raggiunto con la Commissione Ue per sbloccare la partenza della newco ITA. Esso ci ha detto che: “Si è conclusa positivamente la discussione con la Commissione europea sulla costituzione di Italia Trasporto Aereo (ITA). La nuova società sarà pienamente operativa a partire dal prossimo 15 ottobre, data in cui è previsto il decollo dei primi voli. La discussione con la Commissione europea ha consentito di giungere ad una soluzione costruttiva ed equilibrata, che garantisce la discontinuità necessaria al rispetto della normativa europea. L’esito positivo dell’interlocuzione con gli uffici della Commissione consente di avviare le procedure relative all’aumento di capitale di ITA e crea le condizioni per la firma del Memorandum d’intesa per il passaggio di determinate attività da Alitalia a ITA”.
Però il comunicato non ci ha detto un mucchio di altre cose di discreto interesse e se lo leggiamo con attenzione ci accorgiamo che non permette a chi lo riprende di rispettare la regola aurea del giornalismo anglosassone, quella delle cinque W: who, what, when, where, why. Chi, cosa, quando, dove, perché? Chi ha partecipato, oltre alla Commissione, alla discussione che si è conclusa positivamente? In cosa consiste il suo esito? Si presume esso sia un accordo tra le parti. Ma allora cosa prevede? E quando, dove e come è stato raggiunto? Una riunione? Uno scambio di messaggi ufficiali? Un testo sottoscritto dalle parti? Un’intesa solo orale? Definitiva o solo preliminare? E, infine, perché è stato possibile conseguirlo? Tutte domande senza risposta. Il comunicato ci dice infatti che “La discussione […[ ha consentito di giungere ad una soluzione costruttiva ed equilibrata”, ma non ci rivela quale sia. Essa “consente di avviare le procedure relative all’aumento di capitale di ITA e crea le condizioni per […] il passaggio di determinate attività da Alitalia a ITA”. Quali? Infine, messo immediatamente di seguito alla buona notizia dell’accordo, come se ne fosse una diretta conseguenza: “La nuova società sarà pienamente operativa a partire dal prossimo 15 ottobre”. Ok, ma che lo sia dal 15 ottobre dubitiamo l’abbia deciso l’Ue, più probabilmente ITA e Ministero in accordo di loro. Ma allora non era meglio precisarlo?
Ciò che non è scritto nel comunicato del Mef è in parte svelato in un comunicato stampa di ITA, sempre del 15 luglio: “Il Cda di ITA Spa, riunitosi oggi […] ha approvato le linee del Piano Industriale 2021-2025, illustrato dall’Amministratore Delegato e Direttore Generale Fabio Lazzerini. Il progetto industriale include le variazioni richieste dalla Commissione europea nel corso delle interazioni dei mesi scorsi con il Governo italiano. In data 15 luglio, infatti, la Commissione europea ha inviato alle Istituzioni italiane una lettera nella quale ha valutato positivamente il Piano Industriale di ITA, come modificato a seguito delle interlocuzioni avvenute…”. Dunque il via libera dell’Ue sarebbe pervenuto attraverso una lettera alla istituzioni italiane. Ma se è così perché il comunicato del Mef non vi ha fatto alcun cenno? E perché la lettera non è stata pubblicata o almeno resa nota in qualche passaggio significativo? Il comunicato di ITA fa sorgere molti più interrogativi di quelli ai quali riesce a dare risposta:
1) Se il CdA di ITA ha approvato in data 15 luglio “le linee del piano industriale”, dunque neppure un piano dettagliato e completo, com’è possibile che già nella stessa data, dunque in perfetta sincronia, la Commissione Ue abbia “inviato alle istituzioni italiane una lettera” in cui valuta positivamente l’intero piano, persino prima che esso sia stato illustrato al CdA e approvato dagli organi di ITA? Una velocità di approvazione supersonica che contrasta in apparenza con gli oltre quattro anni trascorsi da quando la stessa Commissione ha iniziato a valutare se i prestiti ponte fossero o meno conformi al diritto europeo…
2) Se le autorità italiane hanno ricevuto dall’Ue una lettera di approvazione, strumento chiave per sbloccare tutta la vicenda, perché non ne hanno fatto neppure cenno nel comunicato stampa ufficiale del Mef? Forse il contenuto era solo interlocutorio, non definitivo, oppure il via libera riguardava alcuni aspetti ma non altri? E come si concilia quanto comunicato a Roma con quanto comunicato lo stesso giorno a Bruxelles? Come ha scritto infatti lo stesso 15 luglio la testata Politico.eu: “‘La Commissione prende atto dell’annuncio odierno dell’Italia’, ha affermato un portavoce a Bruxelles in una nota, sottolineando che ‘non sono state prese decisioni formali in questa fase’ sulla ristrutturazione di Alitalia o su altre indagini in sospeso sugli aiuti di Stato”. Dunque non vi è stata alcuna decisione formale dell’Ue, ma forse solo l’annuncio nella lettera inviata delle condizioni chiave di una futura decisione.
3) Se l’Ue ha dato via libera alle istituzioni italiane in forma scritta tramite lettera perché, oltre a non renderne noti i contenuti, essa non era stata ancora inoltrata alla data del 10 agosto, quasi un mese dopo, ai commissari di Alitalia, come ha scritto in quella data Il Messaggero? Infatti, le norme contenute all’art. 6 del decreto legge 99 del 30 giugno 2021 regolano quanto debbono fare i commissari per il passaggio da Alitalia a ITA, subordinando tuttavia ogni loro azione chiave proprio alla decisione dell’Unione europea. Ma se essa non è stata inoltrata, ammesso che si possa considerare la lettera come decisione, come potrebbero applicarla? E cosa dice, inoltre, la lettera Ue degli altri aspetti, diversi dal piano industriale di ITA, ma fondamentali per l’azione dei commissari? Ad esempio cosa fare riguardo ai bandi di cessione che riguardano manutenzioni, handling e marchio di Alitalia? Nulla sappiamo al riguardo.
4) La Direzione concorrenza della Commissione Ue non può aver approvato il piano industriale di ITA semplicemente perché non ne ha competenza. Avrà invece semplicemente valutato, conformemente ai suoi compiti, che esso non comporti lesioni della concorrenza. Ma occorre fare molta attenzione a che il via libera Ue alle caratteristiche chiave di ITA non sia interpretato come approvazione del suo piano industriale. Al riguardo è profondamente errato l’art. 6 del d.l. 99: “Il programma (di cessione degli asset) può essere autorizzato, in quanto coerente con il piano (di ITA), a prescindere dalle verifiche di affidabilità del piano industriale previste (dalle norme vigenti) che potranno non essere effettuate dall’amministrazione straordinaria in quanto assorbite dalla positiva valutazione da parte della Commissione europea del piano medesimo“. No, caro legislatore, la Commissione Ue non effettua alcuna verifica di affidabilità del piano industriale, ma solo una verifica di non ostacolo alla concorrenza. E non dimentichiamo che il piano di un’impresa non in grado di conseguire l’equilibrio economico sarà molto meno in grado di turbare la concorrenza di un piano che possa condurre a straordinari profitti.
Mistero n. 2: cosa ne sarà della parte “aviation” di Alitalia che non va a ITA?
Il secondo mistero, che sinora non sembra essere stato considerato da nessuno, è molto più semplice da spiegare. Seguendo le direttive dell’Europa i commissari dovranno dividere Alitalia in cinque pezzi e metterli in vendita separatamente: la parte cosiddetta “aviation”, ovvero gli aerei con annesso il personale di volo e diritti di traffico, potrà andare a ITA tramite trattativa diretta mentre per le manutenzioni, l’handling, il marchio e il programma di fedeltà vi dovranno essere dei bandi di gara separati ai quali, con esclusione dell’ultimo, ITA potrà partecipare. ma ovviamente a parità di condizioni con altri concorrenti e senza aiuti di sorta.
Questo è chiaro, tuttavia nessuno ha messo in evidenza che nello spezzatino di Alitalia vi è un sesto pezzo, che è rimasto sinora un fantasma e al quale nessuno ha fatto caso: quella parte del ramo aviation che ITA non vuole. Infatti, ITA si prende meno di metà della parte volo che i commissari ricevettero nel 2017 dagli azionisti privati dell’Alitalia insolvente. Che ne sarà di questa parte? È una domanda alla quale nessuno ha sinora risposto anche perché sinora non vi è stato nessuno che l’abbia formulata.
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