Come tanti passeggeri, in questi ultimi giorni anche io ho preso un aereo Alitalia per raggiungere Roma e credo che non mi sarà più possibile prenderne un altro con la livrea AZ… Quindi che ITA debba partire entro il 15 ottobre è diventata giocoforza una questione di necessità, non ci sono alternative.

Il trasporto aereo in Italia si è fermato a marzo del 2020 con l’avvento della pandemia, ma gli investimenti di settore che avrebbero potuto creare nuove iniziative sono fermi da novembre 2020 e cioè da quando il nostro Governo ha deciso di creare ITA. Da quel momento sono scattati tutta una serie di sistemi di protezione politica attorno al progetto ITA, in quanto a giudizio di chi ha fatto il piano si era reso necessario preservare quella parte di business (poco) che ancora era possibile mettere in salvaguardia. Tutto il resto invece è rimasto fermo e nessun imprenditore, fondo o gruppo che sia, ha avuto il coraggio di farsi avanti per paura di entrare in contrapposizione con il Governo italiano. No, non era il caso.



Tutti, tranne le low cost, che invece hanno fatto banchetto e man bassa grazie al fatto che in Italia, non essendoci mai stata una vera politica nel settore del trasporto aereo, nessuna compagnia esistente ha potuto agire da perimetro di protezione rispetto agli interessi nazionali, e quindi essendo le low cost società che hanno delle procedure operative molto snelle, sono entrate nel momento giusto, e aggiungo io, a gamba tesa proprio su alcune destinazioni estremamente profittevoli che una volta erano a esclusivo appannaggio di Alitalia, vedi ad esempio le rotte su Milano Linate, dove mai avremmo pensato di vedere le code variopinte di Ryanair o di WizzAir.



È stata la mancanza di una strategia di lungo periodo a decretare la fine di Alitalia, è un addio che lascia una profonda ferita sia nei dipendenti che la consideravano la loro prima casa che nei passeggeri che l’hanno sempre considerata una parte di loro stessi e una sorta di seconda casa. 

Il mestiere aeronautico non è facile, i dipendenti in special modo quelli di volo, passano oltre la metà del loro tempo, della loro vita dentro un aereo, non ci sono sabati, domeniche o weekend, Natali e Capodanni, Pasqua e Ferragosto, e a volte ci rimetti anche il matrimonio se non addirittura due. 



Tutto ciò purtroppo ha un prezzo che è lo stipendio, perché questo è un lavoro che si può fare solo se uno ha la passione per questo lavoro e che viene parzialmente compensato da un elemento di natura esclusivamente economica, tolto il quale la rivolta o l’insoddisfazione regnerà sovrana. 

La partenza di ITA quindi è necessaria anche per dare un senso a tutti i soldi che il Governo ha stanziato, ma serve anche per chiudere definitivamente una diatriba che è divenuta una sfida del tutto personalistica tra il Presidente di ITA Alfredo Altavilla e i sindacati. Che Altavilla sia un manager preparato lo ha dimostrato fin da subito, ma non è un esperto di questo settore e quindi è facilmente condizionabile dai suoi stretti collaboratori che di questa materia ne sanno molto più lui. 

Razionalizzare, tagliare e negoziare è sempre molto semplice, ma è l’organizzazione operativa il vero tallone di Achille di ogni compagnia aerea, e quindi se non hai le persone giuste nei posti chiave alla lunga sarai costretto a pagare un prezzo molto caro. 

Entrando ora nel merito di come sarà il futuro di ITA, io sono uno di quelli che crede nei piani ambiziosi e quello di ITA purtroppo non lo è affatto. È un piano che serve per partire, ma non serve per stare in piedi. 

L’unico modo per ITA di potersi reggere nei prossimi due inverni è che Lufthansa decida di dare una mano alla nuova compagnia di bandiera, prendendo in mano fin da subito le operazioni di volo e la distribuzione commerciale, veri e propri centri nevralgici delle compagnie aeree. Solo con la consulenza esperta di una compagnia aerea come Lufthansa ITA potrebbe restare in piedi e pensare con un po’ di ottimismo al futuro.

Il primo passo sarebbe innanzitutto quello di entrare nel sistema gestionale di Lufthansa e rendere il proprio network profittevole magari con l’innesto di alcuni aerei che Lufthansa potrebbe girare a ITA a integrazione del network in special modo quello di medio e lungo raggio, dove ITA è sostanzialmente ininfluente. 

La partita con Delta e con Air France-Klm a mio avviso è chiusa. L’alleanza SkyTeam dovrà cercasi un altro partner per volare in Italia. Non credo che le dichiarazioni di Ed Bastian, CEO di Delta Airlines a margine della conferenza Iata di Boston, siano sufficienti per portare ITA a scegliere nuovamente Delta e quindi conseguentemente SkyTeam, come partner commerciale. Inoltre, se analizziamo quanto dichiarato da Carsten Spohr ,CEO di Lufthansa nella stessa sede, risulta essere molto eloquente: o ITA sceglie noi come partner commerciale per poi in futuro costruire un percorso di azionariato, così come abbiamo fatto in passato anche per Austrian e Brussels Airlines, oppure ITA potrà andare tranquillamente per la sua strada.

In effetti, non è credibile mettersi nelle mani di chi per tanti anni ha sostanzialmente stra-guadagnato alle spalle di Alitalia (in modo assolutamente lecito) anche grazie all’incompetenza di vari dirigenti che si sono succeduti nella compagnia di bandiera, cedendo quasi sempre la parte più gustosa dello spezzatino, e cioè il guadagno sui voli intercontinentali o la convergenza sugli hub di Parigi e Amsterdam. 

Solo il fatto di aver scelto Airbus quale partner industriale per gli aeroplani, a mio giudizio è una sorta di cedolino paga di licenziamento nei confronti dei francesi, ipotizzo, per chiudere la partita precedente, ma allo stesso tempo anche a favore dei tedeschi (il consorzio Airbus è anche per un tedesco) per favorire l’inizio di una nuova avventura presentandosi con un buon biglietto da visita, anche se questa presentazione non è un vero e proprio contratto ma solo un memorandum tra le parti. Della serie vado a nozze con i tedeschi, ma mi tengo comunque una porta aperta per l’amante francese…

Ma c’è un però. Attualmente il mercato del trasporto aereo in Italia è in totale fermento, dopo tanti anni ci sono molti gruppi soprattutto esteri più o meno di medie o grandi dimensioni e che hanno interesse a investire nel trasporto aereo italiano. L’Italia dopo il Covid è diventata una sorta di terra di conquista, e c’è una cosa che oramai tutti quelli che lavorano in questo campo hanno capito e cioè che i 192 milioni di passeggeri raggiunti nel 2019, sicuramente nei prossimi anni aumenteranno esponenzialmente perché il mercato turistico in Italia è destinato a crescere ancora.

Ritengo quindi che su queste iniziative il Governo dovrebbe essere molto più aperto di vedute invece di far secretare i documenti che riguardano ITA, ed essere molto più trasparente soprattutto nei confronti del Parlamento. Perché la sensazione che tutti hanno è che in effetti non ci sarebbe nulla da nascondere, se non una potenziale inadeguatezza che rende necessario non far sapere a chi guarda fino a che punto possa effettivamente essere inadeguata.

È infatti necessario cambiare passo, il sistema deve poter favorire la nascita di nuovi soggetti, e la storia come spesso accade ci viene in aiuto con degli esempi. Quando nel 2003 in Italia eravamo arrivati ad avere più di 23 compagnie aeree (all’epoca forse erano anche troppe) non solo non mancava il lavoro, ma il turnover tra i dipendenti era molto più semplice. I manager erano più preparati e la politica dava una mano quanto meno al proprio territorio elettivo. Oggi di compagnie aeree ce ne sono a malapena 5, con più passeggeri in giro, i 4/5 del personale che era impiegato all’epoca sono a casa, e la politica sta cercando di impedire al mercato di crescere. C’è qualcosa nei numeri che non torna. 

Anche se si dovesse creare una sorta di concorrenza con ITA, ciò andrebbe visto non come un problema da eliminare, ma nell’ottica di una sana concorrenza, e anzi, si dovrebbero cercare delle sinergie anche di tipo sociale se non altro per recuperare al lavoro tutti coloro che non hanno trovato uno sbocco lavorativo in ITA e favorire quindi gli imprenditori (quelli seri) per creare, perché no, anche una possibile alternativa a ITA, diciamo una sorta di “piano B”, qualora per qualche malaugurato motivo a ITA dovesse andare tutto storto, oppure Lufthansa o chi per lei dovesse decidere di non presidiare a dovere il mercato italiano a favore di altre destinazioni prive di interesse nazionale. 

Non solo sarebbe di sprono a ITA per spingere il management a fare meglio, ma darebbe una grande dimostrazione che dagli errori finalmente, qualcosa, lo abbiamo imparato anche noi.

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