“Gentili colleghi e colleghe: vi informiamo che da questo mese la Cigs base verrà erogata direttamente da Inps e non più anticipata dalla Compagnia. A tal riguardo abbiamo collaborato attivamente con l’Istituto per ridurre al minimo possibile le tempistiche di accredito. Sugli emolumenti del mese di marzo sarete informati non appena disporremo dei ristori relativi ai mesi di novembre e dicembre 2020, compatibilmente con l’insieme degli oneri necessari a garantire la continuità aziendale. Cogliamo l’occasione per inviare a tutti voi e alle vostre famiglie i migliori auguri per la Santa Pasqua”.
Questo comunicato interno è stato inviato da parte dei 3 commissari di Alitalia Sai in amministrazione controllata a tutte le famiglie dei dipendenti e sancisce in pratica il fatto che ormai, dopo anni di “bilico sul baratro” vissuti tra privatizzazioni e amministrazioni fallimentari, con valanghe di soldi spesso pubblici buttati dalla finestra, sia iniziata la caduta nel baratro stesso.
A questo bisogna anche aggiungere i continui diktat di una Ue che ogni giorno si inventa norme sempre più restrittive che servono solo a volere uno scontro oppure ad accelerare l’inizio del funerale del trasporto aereo italiano a tutto vantaggio di nazioni che vogliono assolutamente appropriarsi del succulento traffico aereo Italiano.
È strano che, dopo aver sentito parlare per mesi di Rinascimento, un Paese che ormai non ha più industrie globali, possiede una piccola e media impresa sotto il torchio da anni e la propria sua vera e unica industria nazionale (il turismo) pure lei messa in ginocchio, si permetta la messa in opera di una situazione così farsesca quasi senza colpo ferire.
Ma si sa: dalla parte dei Palazzi vari del potere politico la vita continua tra lauti stipendi e discussioni effimere spesso senza senso (non parliamo di cultura) quasi che gli appartenenti a questo Stato nello Stato fossero dei turisti capitati per caso a godersi le bellezze della Città Eterna.
E invece siamo arrivati a un punto ormai di rottura dove, continuando così, si rischiano tensioni sociali che improvvisamente potrebbero far svegliare certi signori nel loro anello di Saturno dove abitano per atterrare sul Pianeta Italia. Per evitare ciò costoro devono iniziare a pensare in quel concetto di Sistema Paese che ormai manca in Italia dall’avvento della Seconda Repubblica e che ha nella Terza quell’anello in grado di provocare la fine della nostra benamata nazione.
Ma è chiarissimo che senza manovre finalmente intelligenti di una politica di bene comune (altro concetto che pare surreale) pure lor signori dovranno iniziare a preoccuparsi di come mantenere le lori terga sulle comode poltrone dove si sono insediati. Perché se non entra nelle loro testoline il concetto che questo bene comune alla fine sarebbe pure il loro (visto che del Paese fanno parte) siamo fritti tutti quanti.
Ho sempre pensato quanto un’Italia che è riuscita a distruggere Adriano Olivetti e tutti gli altri geni partoriti al suo interno e che allo stesso tempo ha fatto fuori entità industriali veramente notevoli potesse resistere. Fino a oggi ci era andata bene per il solo fatto che, per nostra fortuna, sembrava missione impossibile far fuori una nazione che di genialità ne sfornava talmente tante da non dar tempo all’ignoranza politica di intervenire. Ma oggi, sia per l’impoverimento culturale ma anche dovuto a un Paese ridotto ai minimi termini, Alitalia dà l’esatta immagine di quello che tutti rischiamo. Sempre che non si realizzi uno dei classici miracoli di cui siamo famosi al mondo… ma come?
Diciamo che il punto di partenza deve fissarsi su di un principio (poi applicabile in vari campi) che un aereo per volare deve essere guidato da piloti, ergo da gente che abbia le conoscenze più profonde del settore: e di persone ne abbiamo a iosa, ma non vengono mai prese in considerazione per poi affidare la cloche nelle mani di improvvisati comandanti che, anche in buona fede (si capisce) non riuscirebbero a far volare un aereo di carta. Ma prima bisogna far capire a chi di dovere che con una compagnia aerea in amministrazione controllata, sì ma che esiste, crearne una nuova vuol dire buttare ancora soldi dalla ormai classica finestra. Quindi un secco no a un progetto ITA che, fin dalle sue origini, ha puntato sulla piccola compagnia con una dote di 3 miliardi con la quale si potrebbe avere un vettore con 500 aerei e non un’aerolinea ancellare che poi finirebbe pappata da una straniera. Quindi: visto che Alitalia Sai è di fatto privata ma in mani di uno Stato che la sta “amministrando”, per rifarsi dei soldi buttati alimentando contratti irricevibili, lo stesso Stato se la prende a zero euro, con tutti gli assetts (pochi) in essa contenuti. Dopodiché i managers entrano e iniziano a pulirla per bene (come hanno tentato di fare i nostri Arrigo e Intrieri, poi bloccati sul più bello) eliminando, lo ripeto, tutta la zavorra in essa contenuta e iniziando, con un piano di rilancio (i 3 miliardi di sopra), a costruirla.
In questa operazione il personale attuale, immesso ovviamente al suo interno, deve partecipare attraverso una quota azionaria che inglobi una piccola percentuale dei suoi emolumenti. In questo modo si responsabilizzerebbe ulteriormente e finalmente, con responsabilità a questo punto maggiori, parteciperebbe attivamente al progetto di rilancio.
È ovvio che questa Alitalia dovrebbe recuperare sia il settore cargo che quello della manutenzione, perché questi comparti sono basilari per i guadagni. Ma è chiaro che, nonostante lo Stato Re, Alitalia deve operare nel mercato con delle regole precise che spesso già esistono ma che non vengono applicate (vedi co-marketing delle low cost che ha fatto dell’Italia il loro paradiso) e anche con una netta revisione del sistema aeroportuale Italiano che preveda tariffe concorrenziali e una drastica riduzione degli oltre 80 aeroporti presenti in un Paese che è lungo appena 1.500 km. Che però dispone di 2 hub ampiamente strategici come Malpensa (rivolto al Nord Europa) e Fiumicino che, guarda caso, sorge nel bel mezzo del Mar Mediterraneo.
Ovvio che Alitalia dovrebbe tornare a essere il motore non solo del turismo e del made in Italy come vetrina, ma anche di un cargo al servizio dell’economia Italiana e del suo sviluppo.
Credo che in questo modo in un paio di anni ci si troverebbe di fronte a un vettore non solo produttivo a livello finanziario, ma pure in grado di competere in Europa: a questo punto lo Stato potrebbe iniziare un processo di privatizzazione, mantenendo una quota di minoranza ma sempre vigile sul funzionamento del vettore.
Certo la realizzazione di quello che ora appare come un sogno richiede l’intenso impegno di tutti, ma credo che il nostro futuro dipenda molto, se non del tutto, dalla nostra partecipazione e il nostro amore per una nazione che, specie dopo l’azzeramento Covid, ha bisogno del contributo responsabile di tutti.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI