E così, stando alle ultime notizie pubblicate e confermate, tutta la faccenda Alitalia è stata bloccata dai 5 Stelle per un classico caso che dimostra ancora una volta come certa antipolitica al potere faccia rimpiangere personaggi della prima Repubblica, soffocati da Tangentopoli ma che almeno la politica la masticavano. Il tutto sorge, almeno così scrivono diversi media, dalle baruffe per tirar fuori i nomi di due posti nel nuovo Consiglio di amministrazione: ci mancava solo questa e ciò dimostra ancora una volta quanto non si possa essere fiduciosi sul futuro post-Covid del nostro Paese con queste premesse.
Se vogliamo davvero risorgere dobbiamo farlo con persone capaci che possano mettere in pratica le copiose idee che già esistono, senza porre il bastone tra le ruote, anche perché ci sono migliaia di lavoratori che non percepiscono la Cigs da mesi e si trovano in situazioni critiche al punto che le banche non elargiscono più prestiti anche piccoli, perché la busta paga Alitalia non costituisce più una garanzia per la loro solvenza.
Senza un accordo si ritarda la partenza della newco e di conseguenza quella del piano di cui al momento si conosce poco o nulla, anche perché con la situazione di disastro che coinvolge tutto il settore aereo, come giustamente scrive Gaetano Intrieri, ci sono da operare valutazioni molto ponderate sul suo futuro.
Come scrivevo in un altro articolo, Alitalia ha un vantaggio rispetto agli altri vettori: quello di essere già ridotta ai minimi termini dalla sua lunga Via Crucis e quindi di poter iniziare adattandosi al “nuovo” mercato in condizioni di favore rispetto a chi aveva costruito giganti che il Covid ha dimostrato avere piedi d’argilla. Insisto che i soldi statali devono servire a costruire una compagnia al passo con i tempi e soprattutto con una flotta modellata su nuovi aerei che, viste le offerte delle case costruttrici, sarebbero più convenienti che proseguire con i leasing fuori mercato che sono stati la spina del fianco nei bilanci di Alitalia in questi anni. Con configurazioni ad hoc rispetto alle esigenze del nuovo mercato per aumentarne l’efficienza, oltre che versatili nel coprire le rotte che si troveranno a essere più profittevoli.
Insomma, costruire una compagnia di un’efficienza estrema alla quale aggiungere pure l’aspetto, di estrema importanza, del coinvolgimento del personale che dovrà per forza di cose puntare sulla propria professionalità e soprattutto esperienza, fatti che escludono a priori misure di riduzione sul modello di quelle del 2009 che si rivelarono un fallimento perché operate da chi il settore non lo conosceva proprio e lo trattò come una “fabbrica” qualsiasi.
Si deve ricostruire, insomma, quell’osmosi generazionale che permise in altri anni il passaggio dell’esperienza in un settore dove la formazione, a causa dell’alta tecnologia, ha dei costi altissimi. Ma questo non è il solo punto da considerare nel fattore umano: urge coinvolgerlo anche con una partecipazione che vada un po’ più in là di una mera rappresentanza di un membro nel Consiglio di amministrazione, fatto che porterebbe a una gestione molto “politica” della questione. Per questo bisogna riconsiderare e far funzionare quella partecipazione azionaria già tentata nel 1998, ma che poi fallì a causa di molti fattori, non ultimo quello sindacale.
Son finiti i tempi del Jumbo, intesi come periodo storico di prosperità e sviluppo scalare del trasporto aereo, quindi bisogna studiare pure forme di inserimento che possano seguire i cambiamenti che verranno, provocati dall’accelerazione Covid sul mercato del trasporto aereo, ma già nell’aria da tempo, come giustamente sottolinea il già citato Intrieri nel suo articolo: ma per questo è estremamente necessaria la perfetta conoscenza del settore e il suo inserimento nell’economia nazionale con interazioni effettive con altre realtà, quella turistica in particolar modo, e anche di vetrina dell’Italia nel mondo.
E per favore che la politica inizi a operare professionalmente e la finisca con le machiavellate descritte mettendosi al servizio del Paese, non dei propri tornaconti di partito: si faccia sentire nella gestione del bene comune, non del proprio, per favore!