Chi in futuro vorrà ricostruire le vicende che hanno portato alla chiusura di Alitalia e al decollo della nuova controversa impresa pubblica di aviazione ITA dovrà prima svelare un nuovo mistero: cosa contiene esattamente la decisione che la Commissione Ue ha emanato lo scorso 10 settembre e che è stata posta a fondamento di quanto il Governo italiano ha stabilito dovesse essere fatto con l’azienda uscente e su quella entrante? Di quella doppia decisione, sulla bocciatura del prestito ponte del 2017 ad Alitalia e sul via libera a ITA, accolta dagli uffici del Commissario Vestager come investimento di mercato, atteso profittevole, anziché come aiuto di Stato, noi sappiamo solo quanto scritto sul comunicato stampa di quel giorno. Esso si concludeva, in relazione al via libera a ITA, con la seguente frase: “Una versione non riservata della decisione sarà resa disponibile con il numero SA.58173 nel Registro degli aiuti di Stato sul sito web della Concorrenza una volta risolti eventuali problemi di riservatezza”.
Da allora sono passati ben tre mesi, ma se si cerca il numero della pratica sul Registro degli aiuti di Stato si trova tuttora la seguente dicitura: “The public version of this decision is not yet available. It will be displayed as soon as it has been cleansed of any confidential information” (La versione pubblica di questa decisione non è ancora disponibile. Verrà mostrata non appena sarà stata ripulita da qualsiasi informazione riservata). Possibile che siano necessari tre mesi per questa operazione di cancellazione di eventuali informazioni riservate? E a chi compete l’uso del bianchetto? Il mistero è ancora più fitto se si considera che sul sito della Commissione si trovano informazioni identiche, cioè nessuna informazione, se si cerca anziché il via libera a ITA il provvedimento gemello di rigetto del prestito ponte ad Alitalia, classificato sotto il numero SA_48171.
Poiché siamo curiosi indossiamo i panni di Sherlock Holmes, o meglio quelli del belga Hercule Poirot, più avvezzo ai misteri di Bruxelles, e indaghiamo. Anche nel 2008 vi fu una doppia decisione della Commissione europea su Alitalia, praticamente identica, dato che da un lato fu rigettato il prestito ponte di allora, che però era solo di 300 milioni, e dall’altro fu dato il via libera alla nuova azienda, che continuava a chiamarsi Alitalia ma avrebbe avuto i capitani coraggiosi alla sua cloche. Quanto tempo ci volle allora per rendere pubbliche le due decisioni? Andiamo a vedere ancora una volta sul Registro degli aiuti di Stato:
1) Il prestito ponte di allora fu deliberato dal Governo italiano il 22 aprile 2008, la procedura d’infrazione fu aperta dalla Commissione Ue il 12 giugno e la decisione negativa emanata il 12 novembre, dunque a cinque mesi dall’apertura e a sette dall’erogazione, molti di meno dei 48 mesi che si sono rivelati necessari nell’ultima occasione.
2) La notifica della cessione degli asset alla nuova azienda, che allora si chiamava solo Cai, fu fatta dal Governo italiano il 14 ottobre 2008 e il via libera della Commissione arrivò già il 12 novembre.
Per entrambe le decisioni non è possibile ricavare la data in cui furono rese pubbliche sul sito della Commissione, tuttavia possiamo osservare che dalla seconda, quella del via libera a Cai, di maggiore interesse per noi, furono censurate pochissime informazioni, solo cinque: la prima sui soggetti che avevano presentato manifestazioni d’interesse per l’acquisizione degli asset, la seconda sull’offerta vincolante di Cai e le ultime tre riguardanti semplicemente tre numeri del piano industriale di Cai, correttamente oscurati per ragioni di riservatezza aziendale. La decisione di allora si concludeva con la seguente postilla: “Ove la presente lettera dovesse contenere informazioni riservate da non divulgare, si prega informarne la Commissione entro quindici giorni lavorativi dalla data di ricezione della presente. Qualora non riceva una domanda motivata in tal senso entro il termine indicato, la Commissione presumerà l’esistenza del consenso alla comunicazione a terzi e alla pubblicazione del testo integrale della lettera nella lingua facente fede, sul sito Internet”.
Dunque sappiamo con certezza che:
1) È solo il Governo destinatario del provvedimento che può chiedere di non rendere pubbliche alcune informazioni;
2) Deve tuttavia farlo entro un tempo molto limitato, trascorso il quale la Commissione si ritiene autorizzata alla pubblicazione integrale.
Questo termine, che è rimasto invariato nel tempo dato che è presente anche in recentissime decisioni su altri vettori aerei, concedeva al Governo italiano solo sino al 29 settembre per chiedere l’oscuramento di informazioni sulla decisione del 10 settembre. Perché allora a distanza di tre mesi essa non è ancora pubblica? È un ritardo di pubblicazione dell’Ue, avendo il governo italiano fatto il suo dovere entro il termine previsto, oppure è un ritardo non scusabile del Governo italiano?
La domanda non è priva di rilievo se si considera che il decreto legge Infrastrutture, approvato in via definitiva il 4 novembre, contiene all’art. 7 le norme che hanno permesso a metà ottobre il trasferimento delle attività della vecchia Alitalia alla nuova compagnia ITA e dunque il suo decollo. Esso ha imposto ai Commissari di Alitalia di adeguarsi alla decisione della Commissione europea con cui ha dato il via libera a ITA, e ha disposto il passaggio a trattativa diretta dei soli beni aziendali desiderati da ITA senza che con essi fosse trasferito in automatico anche il relativo personale. In sostanza, è grazie alle norme di questo decreto che la nuova azienda ha potuto selezionare in autonomia il personale, in deroga a precise norme generali, sia italiane che comunitarie, e pescare a suo piacere tra gli asset di Alitalia, lasciando all’amministrazione straordinaria oltre ottomila dipendenti in cassa integrazione e molti asset inutilizzabili.
Nel testo della norma questi permessi a ITA di fare quello che voleva risultano essere basati sulla decisione del 10 settembre della Commissione Ue che però non è pubblica, come abbiamo visto, né è stata trasmessa dal Governo alle Camere in via riservata, imponendo in questo modo ai parlamentari di approvare la norma senza poterla modificare, dato che il Governo ha posto la fiducia sul provvedimento. In sostanza, deputati e senatori sono stati obbligati a deliberare senza conoscere, una condizione spiacevole, non rispettosa delle prerogative del Parlamento e neppure conforme alle regole della produzione legislativa.
A seguito di questa vicenda il Presidente della Camera Fico ha scritto a metà novembre al presidente del Consiglio Draghi evidenziando l’anomalia di quanto avvenuto: “Deputati di diversi Gruppi parlamentari hanno rilevato come questo ramo del Parlamento abbia dovuto deliberare su una questione complessa e delicata, come quella disciplinata dall’articolo 7, comma 2, del provvedimento, senza avere piena conoscenza delle cruciali prescrizioni della Commissione europea in materia”. La lettera, resa nota da agenzie di stampa, così proseguiva: “Ritengo opportuno rammentare che, ai sensi dell’articolo 14, comma 3, della legge n. 234 del 2012, quando una decisione in materia di aiuti di Stato o una procedura d’infrazione avviata nei confronti dell’Italia è posta ‘alla base di un disegno di legge d’iniziativa governativa, di un decreto legge o di uno schema di decreto legislativo sottoposto a parere parlamentare, nonché in ogni altro caso, su richiesta di una delle due Camere, il presidente del Consiglio dei ministri o il ministro per gli Affari europei comunica alle Camere le informazioni o i documenti relativi a tali atti’. In base al comma 5 del medesimo articolo, il Governo può raccomandare l’uso riservato delle informazioni e dei documenti così trasmessi”.
In sostanza, contrariamente a tutti i casi precedenti, in cui decisioni dell’Ue non pubbliche sono state trasmesse alle commissioni parlamentari in via riservata, questa volta non è stato fatto e la mancanza è particolarmente grave se si considera che l’intera decisione è destinata a divenire pubblica, con la sola esclusione di parti che solo i Governi nazionali possono chiedere, in tempi ristretti e ormai trascorsi, che restino riservate. Se il Governo avesse rispettato la scadenza europea per chiedere le modifiche poteva tranquillamente trasmettere il provvedimento così modificato alle Camere, senza attendere la pubblicazione ufficiale da parte dell’Ue. In alternativa poteva trasmetterlo integrale ponendo alle Commissioni parlamentari il vincolo della riservatezza.
Perché dunque ha scelto di non farlo in nessuna forma, imponendo ai parlamentari di adeguarsi anche se non avevano elementi per capire? L’unica spiegazione plausibile è che abbia fatto comodo attribuire alla Commissione Ue tutte le scelte rilevanti sulla chiusura di Alitalia e sulla partenza di ITA, anche quelle che non sono state prese a Bruxelles bensì a Roma. Solo la pubblicazione integrale della decisione dell’Ue potrà smentire questa interpretazione, a meno che ovviamente tale decisione possa restare oscurata per sempre.
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