Mentre pochi giorni fa una pagina di Repubblica pubblicava in pratica l’elogio funebre della morte di Alitalia, curiosamente insieme ad altri necrologi di persone comuni e una foto della nuova livrea degli aerei ITA (con un incredibile errore grafico che in pratica, interpretando il nostro tricolore, lo mette orizzontale, facendo sembrare la nuova aerolinea di nazionalità iraniana) si continuano a perpetrare decisioni che hanno del clamoroso.
L’ultima riguarda un decreto ministeriale, emesso il 2 settembre, che in pratica, accorgendosi del fatto che una cessione di ramo d’azienda ad una nuova società implica anche quella dei dipendenti, ribalta questo concetto escludendo questi ultimi e dando via libera ad un vero e proprio mercato sulle nuove assunzioni che rappresenta di per sé uno scandalo (targato Draghi) per due motivi. Il primo, perché ITA non è un’azienda privata, bensì dello Stato (che invece dovrebbe essere il primo “labor defensor”) e poi perché la Ue di fatto, in una lettera a ITA pubblicata dal settimanale L’Espresso, esclude questa vera e propria “macelleria sociale”, invitando al punto A della missiva, riguardante lo staff ITA, ad attingere i nuovi dipendenti proprio dall’ex Alitalia.
È chiaro come questa manovra abbia messo in allarme i lavoratori che si trovano tra l’incudine di organizzazioni sindacali che paiono aver dimenticato il loro ruolo ed uno Stato che, lo ripetiamo, si comporta come una entità privata legata a principi vigenti all’inizio del secolo scorso.
Per questi validissimi motivi ci siamo decisi a pubblicare la loro lettera inviata al Presidente Mattarella, sperando in un Suo intervento teso a risolvere la spinosissima questione, che, se confermata nella sua essenza, costituirebbe un pericolosissimo precedente per il mondo del lavoro del nostro Paese.
Illustrissimo Signor Presidente,
nell’annus horribilis della Repubblica, ovvero nel biennio che ci lasciamo alle spalle, in cui morte e sofferenza sono e sono state così pervasive e pervadenti da non poter nessuno di noi pensare ad altro che ciò che ci avrebbe salvato sarebbe stata la solidarietà e l’appoggio dello Stato ad un popolo allo stremo, non di forze ma di speranze, come un fulmine a ciel sereno è caduto sulle teste dei dipendenti Alitalia la scure e la ferocia di uno Stato irriconoscibile, che invece di salvare i propri cittadini, sembrerebbe intendere salvare i propri interessi, come se gli stessi non si identificassero nel bene delle sue genti di cui noi stessi facciamo parte.
È del 2 settembre l’approvazione del Decreto infrastrutture, che attende la Sua firma, ma se non ci curiamo, invero almeno in questa fase di valutarne merito ed urgenza, che lasciamo a ben altri intelletti che non quelli di “noi” naviganti, ci lascia attoniti e muti la vis con cui il CdM ha inteso condannare noi tutti a pietire un lavoro, “urgentemente” modificando non solo la legislazione precedente, ma altresì la stessa recentissima decretazione d’urgenza, al solo fine di permettere alla NewCo ITA di fare delle spoglie di Alitalia ciò che vuole, con un contorno insignificante di macelleria sociale, che se non voluto è conseguenza inevitabile di lasciare mano libera alla dissezione “cosciente” del corpo pulsante della ex compagnia di bandiera.
Quanto traspare dalle solite scarne e generiche indicazioni dal Comunicato stampa del CdM del 2 c.m. e dalle indicazioni della stampa, sicuramente più informata di chi scrive, stante che la comunicazione ai cittadini continua ad essere un benefit non riconosciuto dall’attuale Governo, più dedicato per mandato ai provvedimenti draconiani che ad informarne i destinatari, il “nuovo” Decreto prevederebbe nella sua nuova formulazione la cessione di “singoli beni o parti di rami d’azienda”, evitando quindi alla ITA, per quanto dichiarata privata, di fatto emanazione dello stesso Stato che la sta “beneficiando”, di assorbire la “zavorra” del personale. Tanto paradossale appare che lo stato decida di “disperare” anche solo lo 0,00016% della sua popolazione in nome di chissà quale interesse a che ITA possa operare in piena libertà, quanto lo è che per far ciò il Governo utilizzi la decretazione d’urgenza, permettendo ed obbligando la Amministrazione Straordinaria di Alitalia a svendere i propri beni, disperando altresì tutti i creditori della ormai defunta compagnia di bandiera, a beneficio di chi o cosa non è dato sapere.
Certi che non serva tediarla ulteriormente, signor Presidente, altro non possiamo che chiedere al rappresentante del Popolo Italiano, nonché al giurista di valutare quanto sta accadendo, perché iniquo se non autoritario ed incostituzionale. Le chiediamo di sperare che il Decreto non veda mai la luce e che Lei lo rimandi al mittente, perché il Governo ragioni sul fatto che non v’è ragione al mondo che ITA possa fare ciò che nessuno ha mai fatto, quale figliastra privilegiata in nome di chissà quale diritto divino.
Speriamo in Lei come speriamo nel valore della ragione e nel valore che la legge sia generale e non particolare, perché la Legge non può e non deve essere scritta solo nell’interesse di uno, quand’anche fosse una società fondata ad hoc, per aggirare le leggi e per la quale sembrerebbe le leggi vengano scritte;
Speriamo in Lei perché siamo sicuri che un presidente della Repubblica sia talmente super partes, da vedere che se gli uomini sono tutti uguali non ve ne possono essere di più uguali e purtroppo di meno uguali, come tutti noi ci sentiamo, perché gli aerei si comprano, ma noi che gli aerei li abbiamo vissuti, non siamo parimenti “interessanti” e quindi possiamo essere lasciati in giacenza, in attesa della prossima “svendita”;
Speriamo in Lei infine, Eccellenza, perché non crediamo che un giurista possa ritenere giuridicamente legittimo quanto il Governo ha intenzione di fare con il Decreto Legge che Lei dovrebbe firmare, e perché Lei è sempre stato un uomo coerente e, come disse un Suo predecessore, “La coerenza è comportarsi come si è e non come si è deciso di essere”.
Umilmente e da figli, umiliati ed offesi, Le chiediamo di non firmare il Decreto c.d. Infrastrutture, se vorrà e se ne sarà convinto. Altrettanto da buoni figli ci risolveremo ad accettare le Sue diverse visioni, e l’eventuale tutela di un diverso interesse comune, se Lei lo vedesse, in ciò che accade in questo disperato periodo; ma creda, Presidente, non potremo mai dire di aver capito, e di questo temo tutti noi dovremmo dolerci, perché quando i figli non capiscono inevitabilmente si allontanano dalla famiglia, feriti non dalle ingiurie, ma dall’iniquità che non hanno compreso.
La ringraziamo infinitamente dell’attenzione
Con osservanza e stima
Le donne e gli uomini di Alitalia