ALITALIA: NAZIONALIZZAZIONE? Le conseguenze della pandemia stanno minacciando seriamente vari settori economici, ma in particolare (e con un’accelerazione abbastanza prevedibile) quello del trasporto aereo. Purtroppo il volo Covid-19 ha seguito una rotta che nella pratica, proprio con la complicità dei vettori aerei (ovviamente inconsapevoli), è poi atterrata nel continente americano, diffondendosi in maniera addirittura più grave che in Europa e (almeno stando alle teorie di certi infettivologi) minaccia di tornare nel Vecchio continente, anche se in maniera meno grave, e proseguire il viaggio fino all’arrivo del vaccino, che pare sempre più procrastinato nel tempo.



L’aviazione commerciale sta subendo delle perdite inimmaginabili fino a poco tempo fa anche sul set di un film dell’orrore, e questo per il semplice motivo che la maggior parte dei vettori di importanza mondiale ha con il tempo allargato la propria presenza sui voli intercontinentali per via della concorrenza delle low cost su quelli di medio raggio che tagliava i loro guadagni in questa fetta del settore.



Negli anni si è assistito a un aumento delle frequenze che in molte destinazioni di lungo raggio sono diventate quotidiane e hanno imposto l’allargamento delle flotte di velivoli a grande capacità di trasporto, condizionando pure le case costruttrici. Ora siamo di fronte a un pericolosissimo effetto domino, per la semplice ragione che nella progettazione di un velivolo, inizio di un processo temporale lungo e costosissimo, una volta trovato il “buco nel mercato” in cui inserire l’aereo, un imprevisto come quello della pandemia blocca non solo la progettazione ma pure le vendite. In poche parole manda a gambe all’aria sia Boeing che Airbus, ma, bloccando i voli, riempie i parcheggi a lungo termine delle compagnie aeree con costi altissimi e purtroppo perdite colossali che mettono a rischio la sopravvivenza dei colossi del trasporto: l’esempio di Lufthansa è quantomeno agghiacciante. In questo ultimo periodo la compagnia tedesca ha lasciato a terra 150 aerei e comunicato ai sindacati che dovrà ridurre i suoi addetti, per ora, di 22.000 unità.



Un vero tracollo, imitato anche dai colossi americani (American Airlines in particolare) che, nonostante gli enormi aiuti del Governo Usa rischiano la chiusura, che sarebbe già avvenuta a livello mondiale se non si fossero sospese fino al marzo 2021 le regole che tolgono gli slot (diritti di decollo) a chi non utilizza le rotte almeno all’80% della loro potenzialità.

Una tragedia che, nel nostro benamato Paese, si coniuga con quella eterna di Alitalia, il cui altrettanto infinito salvataggio è stato rimandato a data da destinarsi anche se, rispetto agli altri vettori, la Via Crucis che la nostra ex compagnia di bandiera segue ormai da anni l’ha ridimensionata e di conseguenza ciò ha permesso di ridurre il botto rispetto a chi invece aveva già messo in atto espansioni di mercato e di flotte varie.

Ora non resta che seguire quel che già si è proposto in altri scritti, con una premessa importante: nonostante internet, l’aereo rimane il mezzo più importante con cui viaggiare per cui non si potrà ritornare alle navi che hanno contraddistinto, per esempio, le grandi emigrazioni del secolo scorso. Partendo da questo presupposto, e anche considerando che l’estate turistica (nonostante il rimpiazzo di vacanzieri italiani) ha subito un botto notevole con l’80% di presenze straniere in meno, dovrebbe essere chiaro che la ricostruzione del settore aereo italiano deve inizialmente svolgersi con una partecipazione importantissima dello Stato. Anche perché la ripartenza dovrà tener conto di una fetta del settore del trasporto aereo che in Italia, incredibilmente, è stata “trascurata” da decenni, al contrario di quanto fatto in altri Paesi: il trasporto merci, in poche parole il cargo. E questo per mere questioni di vassallaggio con accordi in alleanze che poi hanno favorito vettori stranieri in questo lucrosissimo mercato. Oltretutto l’economia italiana (specie le piccole e medie industrie) ha estremo bisogno, per operare il “Rinascimento” promesso, di poter esportare facendo leva, per certi settori, su un trasporto aereo efficiente.

Ecco quindi che sorge inevitabile la spinta verso una nazionalizzazione “efficiente” di Alitalia che possa approfittare della crisi mondiale avvantaggiandosi anche della situazione dovuta al tortuoso cammino fin qui “percorso”, ergo, lo ripetiamo, approfittando delle offerte clamorose che i costruttori di aerei stanno facendo, in modo da presentarsi alla riapertura completa del settore come un vettore già con piani ed efficienza operativa.

Un sogno? Mica tanto… bisogna solo che al più presto persone esperte nel settore (ne abbiamo a iosa) si mettano all’opera per attuare tutta l’operazione, per poi successivamente e con calma pensare ad alleanze internazionali non più camuffate da svendite o vassallaggi vari: insomma, rispolverare quell’orgoglio nazionale che altri Stati possiedono e che abbiamo purtroppo perso da molto tempo.