E così, nella vicenda Alitalia, pure i fantasmi ritornano. Tramontate le partecipazioni internazionali, che a quanto pare non facevano a gara per aggiudicarsi anche una piccola fetta della compagnia, ecco Di Maio tirar fuori dal cilindro la carta meno attesa e che sembra come un cerotto messo all’ultimo momento. Ancora una volta il nome di Toto, l’industriale abruzzese, fa capolino nella telenovela della ex compagnia di bandiera: questa volta si tratta del figlio, Riccardo, a cui il vicepremier vorrebbe affidare il 30% di AZ.



Secondo quanto pubblicato da Repubblica, si tratta di una cosa iniziata a fine marzo, durante un viaggio di Di Maio negli Usa. Di per sé vale ricordare che, nell’Alitalia del 2008 targata Capitani coraggiosi di berlusconiana memoria, Toto e la sua holding riuscirono a infilare la loro compagnia aerea, Airone, abbondantemente fallita, nel gruppo di imprese salvatrici di Alitalia. Non solo: la società di leasing aeronautico del gruppo divenne in pratica la monopolista per fornire di aerei la neonata Cai (Compagnia Aerea Italiana) . E’ ovvio che una simile faccenda attirò l’interesse della magistratura, che alla fine di un contenzioso ha in pratica fissato un risarcimento per il danno arrecato.



Ora la storia si ripresenta, in un panorama che vede le Ferrovie, le Poste e il Tesoro allineati, ma non certo felicissimi di entrare in un’operazione della quale riesce difficile, a questo punto, capire il senso. Anche perché tutta questa manovra pare sia stata orchestrata per impedire l’arrivo di un altro remake: i Benetton attraverso il loro gruppo finanziario Atlantia. Insomma: si tira a campare su una questione di grande importanza per il futuro del Paese, sopratutto per la sua economia, incentrata sul turismo.

Ma l’impressione che si ha, anche perché il ventaglio delle proposte si sta esaurendo per mancanza oggettiva di nomi da inserire nell’operazione, e che la mossa attuale serva solo per prendere ulteriore tempo. Non solo a causa delle elezioni, ma anche per l’ormai prevedibile caduta di un governo che, di fatto, si sta distruggendo da solo per l’incapacità dimostrata nel risolvere la situazione di un Paese che ha un estremo bisogno di mani esperte, e non solo aeronautiche, per risollevarsi.



I Cinquestelle, poi, nella questione Alitalia, per loro di vitale importanza, hanno rimediato una figura veramente poco onorevole, dimostrando di non avere le basi per poter mettere in cantiere operazioni industriali (e non) e confermando che quando il populismo si mette in moto le soluzioni sono peggiori dei mali che si vorrebbero curare .

Credo sia arrivato anche il momento per i lavoratori di Alitalia di svegliarsi una buona volta e di non credere più alle favole che la politica continua a propinar loro, perché la sensazione che si avverte è quella (ripetuta anche in altre realtà industriali italiane) dell’arrivo di un cavaliere bianco che sì otterrà Alitalia a prezzo stracciato, ma che, mirando all’importanza del traffico aereo nel nostro Paese a livello di numeri (uno dei più importanti in Europa), trasformerà quella che fino a non molti anni fa era una compagnia aerea parte di un club, insieme ad altri sette vettori, di aerolinee che toccavano i cinque continenti, in un’ancella al servizio del proprio gruppo. Rimpicciolendola al massimo, ergo tagliando il personale. Il nome che continua a circolare è quello della tedesca Lufthansa, nonostante la stessa compagnia abbia già annunciato di ritenersi fuori dall’operazione. Ma al peggio, come si vede, non c’è mai limite.