Come un fulmine a ciel sereno, sulla tragicomica fiction di Alitalia ecco spuntare l’idea (ma visto il clamore oserei dire bomba) del Professor Ugo Arrigo, che propone nientepopodimeno che l’Alitalia newco si faccia avanti per una partecipazione in una compagnia straniera. 

Pochi giorni fa mi era balenato un pensiero, viste le perdite miliardarie dei colossi europei dei cieli e anche la situazione unica che stiamo vivendo con la pandemia, che uno dei pochi lati positivi di questa disavventura dell’essere umano (che molti definiscono pure una guerra batteriologica) risieda nell’opportunità unica, a “bocce ferme” visto che l’economia langue, di poter costruire finalmente, attraverso responsabili politiche del bene comune, un mondo alquanto positivamente diverso da quello pre-Covid. È chiaro che per realizzare un cambiamento così epocale è necessario, in condizioni normali, un periodo di transizione, ma ciò, nella situazione attuale, è qualcosa di bypassabile per dare inizio a nuove esperienze: non fa eccezione l’aviazione commerciale.



Stiamo parlando di uno dei settori più colpiti dall’attuale crisi, inevitabilmente bloccato dalla momentanea fine delle migrazioni massive e a cui, come ciliegina sulla torta, si è abbattuto in questi giorni il caso Boeing, che dopo la parentesi a dir poco felice del 737 Max, si trova ora, a causa dell’incidente in cui un motore è scoppiato in volo nei cieli a Denver, a bloccare i 777 che utilizzano quel motore. 



Ancora non si sa come riprenderà il traffico nei cieli, visto che ci sono previsioni che dicono come l’immunità di massa verrà raggiunta non prima del 2024 in molti Paesi, e quindi è praticamente impossibile fare previsioni. Nel frattempo, però, si possono elencare delle certezze. La prima è che le maggiori compagnie aeree sono tecnicamente fallite, spesso con miliardi di perdite (vuoi euro o dollari) e quindi, almeno per quello che concerne il nostro caro Vecchio continente, gli Stati dovranno farsi carico dei loro bilanci e l’Ue dovrà smettere di scrivere letterine di regole austere “di mercato” visto che, per dirla con chiarezza, il mercato stesso è andato a farsi friggere.



Paradosso in questa che pare una favola, Alitalia è forse la compagnia che versa in condizioni migliori attualmente, come già avevamo scritto in un articolo precedente, e quindi paradossalmente, avendo già attraversato diversi tsunami per ignoranza politico-sindacal-imprenditoriale, l’ex compagnia di bandiera è quella che meno necessita aiuti colossali, ma solo di una spinta per potersi riprendere, anche perché, seppur ridotta al lumicino, prima del Covid macinava 3 miliardi di fatturato e quindi non poco.

Sappiamo anche che l’Ue, quando si tratta di politiche comuni, non miete grandi successi e lo abbiamo visto con tutta la faccenda dei vaccini, per cui dovrebbe essere umano iniziare a tremare per vedere che fine farà il piano del Recovery Fund: insomma, lì vedremo se veramente ci troviamo di fronte a un’Europa unita. Ma è chiaro che il cancro di questa entità continentale risiede nel fatto di contrapporre i falsi Paesi “virtuosi” (basicamente Germania, Francia, Olanda e Paesi scandinavi) che vogliono dettare legge agli altri, considerati spreconi. Li definisco falsi perché se poi si analizzano bene si scopre che di virtù ne hanno spesso meno dei Paesi che accusano di sprechi.

Quindi visto che il settore aereo europeo sta “sotto a un treno” (perdonatemi la battuta) sarebbe ora di svegliarsi per scoprire come, almeno fino a quando non viaggeremo col pensiero o in navicelle spaziali, l’aereo è un mezzo insostituibile, visto che pure se una nave andasse veloce come una Ferrari impiegherebbe più tempo di un aeromobile a coprire lunghe distanze. Fatte nostre queste due chiare “intuizioni” e calcolata l’estrema necessità del mezzo non sarebbe ora di mostrarsi un poco intelligenti e seguire l’antico detto “mal comune mezzo gaudio”? 

Sì, avete capito bene: creare finalmente una Compagnia aerea europea che possa, attraverso l’Unione (finalmente!) di quelle nazionali formare un gigante dei cieli partecipato da vari Paesi che potrebbero istituire anche una collaborazione in vari campi (assistenza, check-in, manutenzione tanto per fare un esempio) e ridurre drasticamente i costi di gestione. Se ci fosse la volontà l’impresa non la vedo affatto come titanica: ma certamente la sua realizzazione sarebbe possibile solo con la fine della storiella dei Paesi virtuosi che, in nome del Santo Mercato, vogliono imporre ad altri misure che, nonostante i loro vettori ampiamente falliti, non vogliono applicare su loro stessi, in nome della famosa “doppia morale”. Quindi niente più letterine di raccomandazioni varie e finiamola una volta per tutte con i giochetti modello “Fincantieri-Stx” o altri in cui le regole comuni non valgono per determinati Stati che, pur in un’ideologia mercantile, difendono a spada tratta la loro sovranità. 

È chiaro che un processo del genere, per essere messo in marcia, dovrebbe basarsi finalmente su di un Ideale di Europa unita attualmente impossibile da realizzare se ne manca la volontà: e allora signori miei, mettiamo da parte le “raccomandazioni” e gli ordini e cominciamo almeno da quello che propone l’amico Ugo Arrigo: possibilità di scambi azionari tra i vari vettori, il che costituirebbe un ottimo inizio. Lascio però al caro Ugo il compito di illustrarci personalmente con un articolo sul Sussidiario questa sua “luminosa” idea!

Anche perché i dati che Arrigo ha mostrato parlano chiarissimo: con solo il 13% del traffico interno nelle sue mani Alitalia è veramente una compagnia che di nazionale ha ben poco… alla faccia degli altri vettori Ue che invece, in barba al tanto decantato “mercato” viaggiano… pardon volano su un protezionismo, o se preferite nazionalismo, tanto deprecato da certe figure Ue dalle doppie morali che hanno come alleate pure buona parte del radicalchicchismo nel quale si è miseramente involuta la “sinistra” nazionale.

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