Significato della canzone “Alla fiera dell’est”, il più grande successo di Angelo Branduardi
“Alla fiera dell’est” è senza dubbio una della canzoni più celebri di Angelo Branduardi. Il brano, del 1976, è l’adattamento del canto pasquale ebraico dal titolo “Chad Gadya”. In origine “Alla fiera dell’est” era il lato B del 45 giri: “Sul lato A c’era Il dono del cervo, che era comunque una gran canzone. Ma non vendeva. E anche ad Alla fiera dell’Est non credeva nessuno, veniva considerata troppo lunga per poter essere trasmessa delle radio. Finché per caso sette mesi dopo andai in tv e la suonai. Un successo a valanga”, ha raccontato Branduardi a Repubblica. Sul giornale di Puglia, il cantautore ha spiegato: “Alla fiera dell’Est è una commistione con un tema di stile rinascimentale, è una melodia ad intervallo unico, che è la prima forma di musica che si pensa sia stata creata”.
Angelo Branduardi: “Alla fiera dell’est è di tutti”
Angelo Branduardi è da sempre molto orgoglioso del brano “Alla fiera dell’est” che gli ha permesso di essere conosciuto da più generazioni: “È il mio grano di immortalità: nessun bambino conosce il mio nome, ma se gli dici del topolino che mio padre comprò sanno tutto e la cantano. Non mi serve altro: la canzone non è più mia, ma è di tutti”, ha detto al Corriere della Sera. Sono stati proprio i bambini ad aver reso popolare la canzone di Branduardi: “Eppure è una ballata terribile, drammatica, con il macellaio che uccide il toro, l’angelo della morte. Ma i bambini hanno un senso differente della morte. È stato un successo enorme pure in francese, è sui libretti, sui canzonieri per bambini”, ha detto a Repubblica qualche anno fa.