Alle preoccupazioni per il Covid, che non è mai finito del tutto e che sta anzi tornando con una nuova ondata, ai timori per l’economia legati all’inflazione e al caro bollette, secondo gli psicologi si aggiunge adesso anche la paura della guerra nucleare. Il professor David Lazzaro, presidente del Consiglio nazionale dell’odine degli psicologi, in una dichiarazione rilasciata all’agenzia Adnkronos, ha affermato che alcune indagini realizzate in Europa dimostrano che la guerra in Ucraina e il pericolo di una escalation nucleare aumentano il malessere psicologico e i disturbi d’ansia nella popolazione”.
Ma anche in Italia: secondo uno studio condotto dal centro Medico Santagostino di Milano circa il 25% delle persone economicamente attive è affetto da un malessere psicologico significativo. Pandemia, lockdown, ma anche crisi economica e guerra in Ucraina: sono questi i fattori che stanno contribuendo ad aumentare il disagio psicologico tra gli italiani. Mario Pollo, professore associato confermato di Pedagogia generale e sociale nella facoltà di Scienze della formazione della Lumsa di Roma da noi intervistato, “questo stato di ansia generato da molteplici motivi si genera in quella che è da tempo una sfiducia nel futuro, soprattutto la sfiducia di essere in grado di operare nel presente per costruire il futuro”.
Ci avevano detto che le pandemie erano finite e poi è arrivato il Covid; la fine della Guerra fredda ci aveva illuso che il pericolo nucleare fosse ormai superato e invece ci troviamo davanti a minacce di escalation come mai prima d’ora. I disturbi d’ansia crescono: è perché la realtà si dimostra più imprevedibile di ogni nostra illusione?
Il problema è che le persone in questi ultimi decenni progressivamente hanno perso la capacità di rapportarsi in maniera progettuale al futuro e quindi di operare nel presente in modo da costruire il futuro.
Come mai questo?
La gente vive consumando il presente, cogliendo ciò che il presente, momento per momento, gli dà senza cogliere nel presente un progetto di futuro. Questo riguarda anche la disaffezione alla politica, la mancata partecipazione alla vita politica che non si esaurisce solo nell’andare a votare. Sono modalità, modi associativi della vita quotidiana. Si fa politica non solo nelle forme classiche partitiche, ma operando nella comunità in cui si vive attraverso forme di partecipazione. Queste cose sono state rimosse e le persone hanno un senso di impotenza verso il futuro.
La paura di una escalation nucleare quanto incide?
Quando l’oggetto che genera timore non è conosciuto, come la minaccia nucleare, si genera paura e angoscia.Ma questa paur a può essere controllata, mettendo in atto strategie particolari.
Ad esempio? Dove troviamo valvole di sfogo a questo malessere?
Le persone che hanno un rapporto attivo con il futuro si impegnano in qualcosa che può allontanare questo senso di minaccia, partecipando ad esempio a movimenti o iniziative concrete per la pace. Questo serve per esorcizzare la paura.
Ci sono però fatti reali contro cui impattiamo: il caro bellette, i cambiamenti climatici, il Covid, l’aumento dei prezzi. Queste preoccupazioni che provocano ansia come si possono affrontare?
Lo spiegava molto bene il sociologo Zygmunt Bauman. Nella nostra società odierna siamo apparentemente liberi, però viviamo all’interno di sistemi sociali che percepiamo come rigidi e non modificabili. Questo è il nodo in cui si giocano l’angoscia e la paura, ci sentiamo impotenti rispetto a dinamiche che ti superano. Gli eventi che lei cita possono essere gestiti e controllati. La politica dovrebbe servire a questo. Oggi le persone vivono nella loro libertà, ma con un pessimismo radicale. Parlando con giovani adolescenti, alla domanda “qual è il tuo sogno per il futuro?” loro spesso rispondevano dicendo che avevano dei bellissimi sogni, ma che il futuro non è nelle loro mani e allora si accontentano di godere il presente e il sogno rimane nel cassetto. Questa mancanza di fiducia nel fatto che il mio agire con gli altri possa portare a un cambiamento è un generatore di ansia e paura.
Sono più a rischio i giovani o gli adulti? Forse gli adulti, grazie all’esperienza, hanno generato una sorta di corazza protettiva?
Eccetto se hanno una pensione al minimo, allora non c’è corazza che tenga. Una bolletta che porta via metà pensione rende le difese molto scarse. I giovani temono e rinunciano al futuro, ma un adulto che ha lavorato tutta la vita per costruire qualcosa e poi lo perde per cause non dipendenti da lui, cade nella sfiducia esistenziale più totale.
(Paolo Vites)
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