Ci dicono che la transizione green è per il nostro bene. Un pianeta più pulito, meno inquinato e sostenibile. Ma qual è il rovescio della medaglia? L’obiettivo delle zero emissioni Co2 porta con sé anche effetti collaterali. Come riporta infatti Il Messaggero la BCE, tramite un report tecnico, ha fotografato un rallentamento della produttività a causa proprio dei vincoli ambientali, e suona l’allarme per una transizione “disordinata” che rischia di penalizzare le aziende del Vecchio continente.
La svolta ecologica fortemente voluta dall’UE ha tenuto conto di questi risvolti? Anche perchè se guardiamo al futuro si prevede che una stretta “green” decisa e rigorosa affosserà di circa un terzo in cinque anni le performance economiche delle aziende che inquinano di più. Insomma, i costi da sopportare per le imprese saranno piuttosto devastanti, mettendo a dura prova l’economia europea. Sarà davvero quindi così positiva questa transizione green?
IL REPORT DETTAGLIATO DELLA BCE SULLE CONSEGUENZE DELLA TRANSIZIONE GREEN
Il report redatto dagli esperti della BCE prende in esame, nel dettaglio, tutte gli eventi che hanno caratterizzato l’ultimo periodo, analizzandone l’impatto su economia e produttività. In particolare si è concentrata sugli shock recenti (pandemia e guerra) e sui cambiamenti strutturali tuttora in corso (oltre alla transizione ecologica, pure quella digitale) sulla produttività dell’Eurozona, alla luce dei dati raccolti in sei tra le più grandi economie nell’area della moneta unica, tra cui l’Italia (oltre a Germania, Francia, Spagna, Portogallo e Belgio). Gli effetti di pandemia e caro-energia sono stati arginati grazie agli aiuti pubblici “generosi e rapidi a livello nazionale ed europeo che hanno sostenuto famiglie e imprese senza produrre effetti distorsivi sull’economia.”
Dal canto suo, “la transizione verde può stimolare l’aumento della produttività, ma ci vorrà tempo“, mette in guardia lo studio della Banca centrale. “Nel breve-medio termine, l’adeguamento delle imprese all’aumento dei prezzi dei fattori produttivi” causato dalle nuove imposte sulla CO2 e dalle tensioni geopolitiche in atto, dalla Russia al Medio Oriente “ridurrà le emissioni come previsto, ma è anche probabile che riduca la crescita della produttività.”
RIPENSAMENTI SUL FRONTE UE?
Al momento siamo in campagna elettorale, in vista delle elezioni europee dell’8 e 9 giugno. L’esecutivo che si insedierà dovrà quindi valutare se tenere presente il report della BCE e confermare legislativamente l’obiettivo della neutralizzazione delle emissioni entro il 2050, con tutte le varie tappe intermedie cui dovranno uniformarsi gli stati membri sempre sulla linea green. Proprio il piano UE sul taglio delle emissioni responsabili del surriscaldamento globale viene citato dallo studio della Bce tra le cause “che stanno modificando i prezzi degli input energetici“, insieme al recente “shock energetico nel contesto dell’invasione russa dell’Ucraina”.
Da qui, come apprendiamo sempre dal Messaggero, il monito degli economisti dell’Eurotower: “Anche se i costi della transizione verso un’economia a basse emissioni di CO2 saranno sempre inferiori rispetto a quelli dell’inazione, rimane importante capire come questi cambiamenti influenzando le decisioni di produzione e le prestazioni delle aziende. I maggiori costi dei fattori produttivi dovuti all’aumento dei prezzi dell’energia e delle emissioni di CO2 potrebbero frenare la crescita della produttività a breve termine“; un impatto negativo che, tuttavia, “potrebbe essere compensato a lungo termine dall’adozione di nuove tecnologie più ecologiche e digitali“. Solo dunque nel lungo periodo, secondo la Bce, arriverà la schiarita, perché la svolta “green” porterà con sé un’ondata di innovazione e di tecnologie verdi in grado di sostenere la produttività delle imprese del Vecchio continente. Nel frattempo però che ne sarà delle imprese? Quali riusciranno a resistere?