Serve un intervento urgente per aiutare le imprese alle prese con rincari energetici che ne mettono a rischio la sopravvivenza (secondo i dati dell’Osservatorio Energia di Confcommercio di un mese fa, sono circa 120mila, con relativi 370mila posti di lavoro in bilico). Per Augusto Patrignani, Presidente della Confcommercio della provincia di Forlì-Cesena, infatti, i 14 miliardi del Decreto aiuti-ter non bastano e se necessario occorre far riscorso a uno scostamento di bilancio, perché «quando c’è un paziente che sta per morire bisogna intervenire con qualsiasi mezzo, non si può rinunciare alla bombola di ossigeno solo perché costa troppo».
Quanto è grave la situazione determinata dai costi delle bollette energetiche?
La situazione è molto difficile, perché le imprese stanno ricevendo delle bollette stratosferiche, decuplicate rispetto all’anno precedente. E questo crea problemi non solo dal punto di vista del bilancio annuale, ma anche sotto l’aspetto finanziario, in quanto molte aziende non hanno la disponibilità per far fronte a tali importi nelle scadenze richieste.
Pensando alle aziende associate alla sua confederazione, quali sono i settori più in difficoltà?
Un po’ tutti i settori sono toccati dagli aumenti delle bollette, ma ci sono attività dove i consumi energetici incidono maggiormente: penso, per esempio, ai panifici, alla ristorazione, all’alberghiero. Sicuramente questi comparti stanno patendo più degli altri.
Il mercato libero dell’energia consente di stipulare contratti di fornitura con prezzi bloccati per un certo periodo. Vedendo la situazione delle imprese, significa che non se n’è fatto abbastanza ricorso?
In parte è così, perché non era facile prevedere un’impennata così forte e repentina dei prezzi, ma c’è anche chi è riuscito a usufruirne e si è trovato poi a fare i conti con la fine del periodo di “prezzo bloccato” e più vantaggioso e chi, suo malgrado, ha ricevuto la disdetta, da parte del proprio fornitore, di contratti di questo tipo.
Vista la persistenza dell’inflazione, è anche difficile pensare di scaricare a valle questi extracosti.
È sempre complicato rovesciare immediatamente l’aumento dei costi sul consumatore, perché poi si possono perdere clienti. Ci sono stati incrementi contenuti dei prezzi da parte di molte imprese, ma c’è anche chi preferisce assottigliare i propri utili, rischiando anche di avvicinarsi all’azzeramento dei margini, per non uscire dal mercato.
Nel frattempo è arrivato il Decreto aiuti-ter , ci sono anche misure per le imprese proprio per far fronte ai rincari energetici, come l’estensione del credito d’imposta e le garanzie statali sui prestiti. Cosa ne pensa?
È un provvedimento che va nella direzione giusta, ma non risolve completamente il problema. Meglio di niente, ma resta una toppa e c’è quindi il rischio di ritrovarsi a breve di fronte a un nuovo buco. Di fatto i 14 miliardi stanziati sono insufficienti rispetto alle necessità.
Cosa bisognerebbe fare?
Bisognerebbe, anzitutto, che a livello europeo venisse fissato un tetto al prezzo del gas. In questo modo quanto meno si avrebbe una qualche forma di tutela rispetto a rincari ulteriori. Abbiamo visto, però, che non c’è unanimità tra i Paesi membri dell’Ue, magari perché qualcuno non è così in difficoltà e pensa di ottenere un vantaggio competitivo rispetto agli altri. In questa situazione il Governo italiano deve quindi mettere più risorse a disposizione, sapendo che nel caso dovesse ricorrere a un maggior indebitamento si tratterebbe di “debito buono”, perché servirebbe a salvare imprese e posti di lavoro. L’alternativa sarebbe quella di risparmiare oggi per trovarsi poi domani a finanziare sostegni alla disoccupazione, senza nel frattempo poter contare sulla ricchezza che viene generata dal tessuto produttivo del Paese. Di fatto il Pil diminuirebbe, facendo quindi peggiorare i conti pubblici.
Se fosse necessario uno scostamento di bilancio andrebbe, quindi, fatto.
Assolutamente sì, anche perché diversamente si sarebbe comunque costretti a fare nuovo deficit in quanto le entrate diminuirebbero mentre le uscite aumenterebbero.
Quanto tempo c’è ancora per non intervenire troppo tardi?
Il tempo a disposizione è veramente poco. Il nuovo Governo appena insediato dovrà provvedere subito a una manovra in tale direzione. Ci saranno forse imprese che avranno già chiuso, ma a ottobre si sarebbe ancora in tempo per salvare l’80% di quante sono oggi in grandissima difficoltà e rischiano di non poter pagare le tasse, le bollette o gli stipendi, entrando in una spirale da cui poi è difficile uscire indenni.
Se per formare il nuovo Governo occorressero diverse settimane allora dovrebbe essere l’attuale Esecutivo a fare questa manovra?
Direi proprio di sì, anche dovendo fare ricorso a uno scostamento di bilancio. Quando c’è un paziente che sta per morire bisogna intervenire con qualsiasi mezzo, non si può rinunciare alla bombola di ossigeno solo perché costa troppo.
Quello che sta dicendo ricorda il recente appello di Patuelli: “Meglio aiutare ora le imprese in difficoltà anziché affrontare i costi sociali che genererebbero qualora fossero morte”. Il Presidente dell’Abi auspica anche un framework europeo che renda possibili nuove moratorie sul credito.
Concordo assolutamente con Patuelli, che ha sicuramente anche il polso di quella che è la situazione dei debiti contratti dalle imprese con le banche dopo lo scoppio della pandemia. Non dobbiamo, infatti, dimenticare in che situazione erano molte imprese soltanto due anni fa.
Pensando a un intervento concreto da finanziare con le risorse che auspica vengano stanziate, crede che bisognerebbe mettere un tetto al costo dell’energia un po’ come hanno fatto o stanno facendo altri Paesi, come Francia e Regno Unito?
Certo. Se l’Europa non fa niente o procede troppo lentamente bisogna che l’Italia intervenga come hanno fatto altri Paesi. L’importante è farlo prima che sia troppo tardi. Tra l’altro se si aiutano i cittadini a pagare bollette meno salate si può consentire loro di non tagliare i consumi per cercare di far quadrare i conti.
Per il momento, anche a livello europeo, si parla di misure per contenere i consumi energetici. Nella loro attuazione pratica potrebbero anche riguardare i commercianti, limitando, per esempio, gli orari o i giorni di apertura.
Sarebbe un problema di non poco conto in più, perché vorrebbe dire anche scoraggiare il consumatore che ha magari la possibilità di spendere, ma non potrebbe poi farlo.
Il rischio è che spenda magari utilizzando uno dei giganti del web aperto comunque 24 ore su 24…
Certo, così com’è avvenuto durante il periodo del lockdown per il Covid. E bisognerebbe evitare di offrire un vantaggio competitivo di questo tipo ai giganti del web.
(Lorenzo Torrisi)
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