Il governo, attraverso il proprio ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, è fiducioso per l’anno in corso: «Oggi abbiamo numeri che ci confortano rispetto alle nostre previsioni, molto probabilmente chiuderemo il 2019 con deficit più basso del previsto e i nostri obiettivi per il 2020 diventeranno più facilmente raggiungibili» (fonte Ansa).



Se tale affermazione può essere vista positivamente, qualche motivato malumore arriva, quando la realtà del nostro paese viene contestualizzata all’interno del perimetro dell’Unione europea: di fatto, il Fmi, nel corso delle ultime ore, ha sottolineato come l’Italia registrerà una crescita dello 0,5% per il 2020 mentre, per i successivi anni, tale variazione registrerà un incremento pari ad uno 0,6-0,7%.



Come spesso accade, il Belpaese si trova sempre e solo ad affrontare il proprio dilemma di decimali, i nostri decimali, per i quali lo stivale italico si posiziona al gradino più basso dell’Ue. Nonostante sia un anno nuovo, la storia si ripete.

Nel rapporto del Fondo monetario internazionale ci sono molti spunti interessanti che, oggettivamente, rilevano un mutamento (positivo) per il nostro paese. Ciò che deve far riflettere sono i timori legati alla vera ragione di questa ritrovata positività: si tratta di una salutare ed autonoma crescita oppure di un vero e proprio “traino” all’intero volàno del Vecchio continente? La risposta è sintetizzabile mediante l’osservazione – in ottica futura – dell’andamento del nostro debito: per il Fmi, nel medio termine, sarà prossimo al 135%. Un dato che, in molti, avrebbero voluto vedere ridimensionato, soprattutto a seguito dell’attuale opportunità legata al livello contenuto dei tassi di interesse.



E proprio per la dinamica di questi ultimi, nuovamente il Fmi ha ribadito come l’Italia debba approfittarne mediante «un credibile consolidamento di medio termine» con l’obiettivo di un surplus pari allo 0,5% entro il 2025. Nel proprio rapporto, le tematiche e gli auspici, oggetto di approfondimento da parte del Fmi, rimangono sempre le stesse: debito, deficit, tasse, pensioni e solidità del sistema bancario. Se per quest’ultimo è innegabile il cambio di rotta rispetto al passato («Sono stati compiuti progressi sostanziali nel rafforzamento dello stato di salute dei bilanci delle banche… Molte banche devono ridurre ulteriormente i costi e investire in tecnologia… È necessario un ulteriore consolidamento bancario, dato il limitato margine di crescita dei ricavi» – fonte: Reuters), come già accaduto in altre occasioni, le altre voci sono obbligatoriamente migliorabili poiché, in assenza di una alternativa positiva, «La materializzazione di shock negativi, come l’acuirsi delle tensioni commerciali, un rallentamento dei principali partner commerciali o eventi geopolitici, potrebbe portare ad una prospettiva molto più debole» (fonte: Reuters). Le indicazioni del Fmi devono essere viste come un prezioso monito.

Con buone probabilità, l’intero scenario economico e finanziario che ha caratterizzato il 2019 non si riproporrà per l’anno in corso. Gli stessi mercati finanziari internazionali quotano a livelli molto elevati: non solo quelli azionari, ma anche i meno volatili obbligazionari. La politica dei tassi d’interesse, soprattutto in Europa, sarà oggetto di potenziali cambiamenti mentre, quella oltreoceano, vivrà interventi che faranno discutere in prospettiva del voto presidenziale Usa.

Nel panorama finanziario internazionale le incognite sono, e saranno, numerose. Sul versante domestico, invece, le ormai “divenute costanti” sono sempre rappresentate dai decimali. Quei valori pressoché impercettibili che, nonostante il loro incremento (qualora di verifichi), faranno sempre più clamore in caso di diminuzione.

Da osservatori, non vorremmo né leggere, né ascoltare, che alla base di un (eventuale) futuro andamento negativo del nostro paese ci siano motivazioni attribuibili ad eventi esogeni. L’opportunità, anzi, le innumerevoli opportunità, ci sono state e non sono state sfruttate adeguatamente. Il risultato è nei decimali, i nostri decimali, che alla fine non potranno bastare per scongiurare il peggio.