La situazione che si è creata a Villongo e nei paesi limitrofi al Lago di Iseo è giustamente balzata nell’interesse dei media. Da dicembre ad oggi sei casi di meningite, cinque causati dal meningococco di tipo C e uno dal meningococco di tipo B e non correlato agli altri. Questa patologia spaventa, e in effetti determina, come ha fatto anche in questa circostanza, una mortalità elevata (due persone sono decedute) e rappresenta uno spauracchio legato anche ad una quota di gravi complicanze nei soggetti che sopravvivono. Un esempio è rappresentato da Bebe Vio.



Ci sono molti virus e batteri che possono generare una meningite, addirittura anche alcune forme tumorali possono determinare questa infezione della meninge che è una parte importante della cosiddetta barriera ematoencefalica che protegge la parte più nobile del nostro organismo. Le forme che preoccupano di più in termini di gravità della malattia e di contagiosità sono quelle determinate appunto dai meningococchi che rappresentano solo una parte delle circa mille meningiti che si registrano in Italia ogni anno.



I dati della sorveglianza nazionale delle malattie invasive da meningococco mostrano che nel nostro paese tra i vari tipi di meningococco circolano normalmente sia il meningococco di tipo C che il meningococco di tipo B. Sono infatti circa 200 i casi di meningococco registrati ogni anno. Il Meningo B (che colpisce maggiormente bambini e adolescenti) risulta il più diffuso, seguito dal Meningo C (che colpisce prevalentemente giovani adulti e adulti). Dunque, nonostante la circolazione fisiologica dei batteri sia nota, quando ci si trova, come per il focolaio lombardo, di fronte a casi concentrati nel tempo e nello spazio è fondamentale che siano avviati interventi mirati e specifici di sanità pubblica.



Nel 2015 in alcune provincie della Toscana si era osservata una situazione simile di concentrazione geografica di casi, che anche in quell’occasione è stata affrontata e poi risolta con una campagna vaccinale a tappeto. La gravità percepita della malattia da parte della popolazione fa sì che, rispetto ad altre vaccinazioni, vi sia una maggiore propensione ad eseguirla ed in effetti questa è l’unica vera possibilità di prevenirla. Ad oggi la vaccinazione anti-meningococco rientra tra quelle raccomandate nei bimbi e negli adolescenti, ma la copertura vaccinale ad oggi non è soddisfacente ed è per questo che queste forme continuano ad essere presenti nelle nostre comunità.

I meningococchi si propagano da persona a persona per via respiratoria, attraverso le goccioline di saliva e le secrezioni nasali, che possono essere disperse con la tosse, con gli starnuti o mentre si parla. Affinché il contagio avvenga è comunque necessario essere a contatto stretto e prolungato con la persona infetta; la contagiosità è minore rispetto all’influenza per la quale basta un contatto rapido e casuale. L’essere esposti al batterio non comporta necessariamente lo sviluppo della malattia. In ambiente esterno il batterio non sopravvive. Se si limita ad attaccare le meningi si parla di meningite, se si diffonde a più organi, per esempio fegato o reni, si parla di sepsi.

I sintomi principali sono cefalea, febbre elevata, malessere generale, vomito, alterazione di coscienza e in molti casi presenza di rigidità nucale. Nelle forme fulminanti ci può essere anche la comparsa di petecchie (macchie rossastre o violacee) legate ad un disturbo della coagulazione. Purtroppo l’inizio è subdolo e, soprattutto in questo periodo la meningite può essere scambiata per una pesante influenza. In caso di presenza di sintomi sospetti è necessario rivolgersi al medico di medicina generale o al pronto soccorso per stabilire la terapia più appropriata. Il trattamento deve essere tempestivo. La malattia viene trattata con antibiotici. È importante anche la profilassi dei conviventi e delle persone che hanno avuto contatti stretti con chi ha contratto la malattia. Dieci sono i giorni di incubazione e questo è il termine entro il quale si deve sorvegliare chi è venuto a contatto con un caso conclamato. Gli igienisti inoltre consigliano a chi ha avuto un contato stretto anche l’effettuazione di una cosiddetta chemioprofilassi ovvero l’uso preventivo di antibiotici.

Il meningococco, non può vivere a lungo fuori dall’organismo umano ed è molto sensibile ai comuni disinfettanti ed alla luce del sole. Essendo il contagio interumano, si possono adottare misure di igiene e protezione individuali: lavarsi le mani con cura e più volte al giorno con acqua e sapone, in particolare dopo aver tossito, starnutito o essersi soffiato il naso; evitare luoghi molto affollati: la propagazione dell’agente patogeno generalmente non supera il raggio di 2 metri dalla fonte; arieggiare spesso i luoghi dove si vive e si lavora; non scambiare oggetti di uso personale (bicchieri, sigarette, spazzolino, posate, ecc.); mantenere pulite le superfici (interruttori, telefoni, tastiere, maniglie, rubinetti, pulsantiere dei citofoni o dell’ascensore, tavoli e scrivanie) perché possono venire contaminate.

Posto quanto sopra descritto l’approccio a questa situazione non deve debordare in una psicosi, che oggi, come in altri casi, viene spesso a determinarsi. È ingiustificata ad esempio la paura di alcuni genitori, che ha fatto sì che alcune partite di pallavolo e calcio di giovani siano state vinte a tavolino dalle squadre locali perché non si sono presentati i ragazzi delle squadre avversarie. Il rischio era inesistente oltretutto perché si trattava di attività svolta all’aperto.

Questo episodio deve servirci per rilanciare l’importanza di tenere altro l’interesse della popolazione verso le patologie infettive, che non sono affatto scomparse: si registra anzi una tendenza di esse a riemergere. Occorre evitare eccessi di panico e acquisire una consapevolezza e una responsabilità per attuare e praticare comportamenti preventivi, in primis quello di procedere alla vaccinazione per le patologie prevenibili.