Flessibilità per mantenere alcune normative nazionali sugli imballaggi, esenzione dall’obbligo di istituire sistemi di deposito (vuoto a rendere) per gli Stati con un tasso di raccolta differenziata del 78%, mantenimento della proposta di divieto per le stoviglie monouso nei ristoranti (con diverse esenzioni), e di stop alle confezioni in plastica per meno di 1,5 kg di frutta e verdura fresca preconfezionata, esclusione dei vini Dop dagli obblighi di riuso delle bottiglie. Sono queste alcune delle ipotesi di compromesso sul regolamento imballaggi-packaging della presidenza spagnola dell’Ue fatte trapelare dall’Ansa. La presidenza sta cercando un accordo con gli Stati membri in vista della riunione dei ministri dell’Ambiente del 18 dicembre, per arrivare a un approccio comune e quindi lasciare alla presidenza belga l’inizio dei negoziati con l’Europarlamento l’anno prossimo. Il testo può comunque ancora cambiare sensibilmente. E intanto il Consiglio, come apprendiamo da La Verità, ha detto sì agli imballaggi di carta per quanto riguarda i prodotti ortofrutticoli, creando favoritismi per alcuni paesi ma penalità per altri.
L’impianto “mantiene la maggior parte dei requisiti di sostenibilità e degli obiettivi principali proposti dalla Commissione“, si legge nel documento, ma le prime due pagine sono dense di “flessibilità” che consentono agli Stati membri di conservare sistemi nazionali esistenti. Senza contare che, così impostato, il regolamento favorisce il riuso ma penalizza il riciclo, dove il nostro Paese è leader.
QUESTIONE IMBALLAGGI: COSÌ FACENDO SI FAVORISCE LO SPRECO ALIMENTARE
I 3 paesi scandinavi (Svezia, Finlandia e Norvegia) da queste modifiche sul packaging non possono che trarre vantaggio. Ripristinare infatti gli imballaggi in carta per i prodotti ortofrutticoli significa infatti favorire queste 3 nazioni, grandi produttrici di carta per imballaggi. Esattamente il contrario per l’Italia, dove plastiche e bioplastiche restano vietate. Ciò che si prospetta è che dovremo importare il materiale per imballare i prodotti del settore ortofrutticolo, che tra l’altro appare essere anche meno sicuro dal punto di vista sanitario, e non garantisce la conservazione dei prodotti.
La querelle viene poi portata avanti soprattutto dalle aziende italiane produttrici di imballaggi in plastica per alimenti freschi riunite in ‘Pro Food’, che sollevano la voce in difesa di un approccio imparziale e costruttivo. Pro Food chiede soprattutto di evitare compromessi discriminatori che potrebbero mettere a rischio un sistema da 9.000 dipendenti e oltre 2 miliardi di fatturato. Si prospetta on particolare un attacco indiretto all’eccellenza della distribuzione agro-alimentare italiana e alla democraticità della ristorazione veloce di massa. Le imprese avvertono che un compromesso del genere non porterebbe a benefici ambientali reali, ma piuttosto ad un aumento dello spreco alimentare e dei costi per i cittadini. La richiesta è dunque quella di preservare sistemi di distribuzione e consumo sostenibili, in armonia con l’economia e l’ambiente.