LO STUDIO SULLA POVERTÀ EDUCATIVA IN ITALIA: I DATI CHOC
Più del 70% degli italiani sopra i 16 anni non sa comprendere il senso complessivo di un testo di Alessandro Manzoni: lo denunciano i sociologi e studiosi di sistemi educativi, Orazio Giancola e Luca Salmieri, nella ricerca “La povertà educativa in Italia. Dati, analisi, politiche” (Carocci editore). Una povertà educativa e cultura che, al netto dei dati in arrivo anche dalla maturità 2023 e dalle Prove Invalsi, pare sempre più essere ignorata dai più: l’impegno del Ministero dell’Istruzione e del Merito da solo non basta, occorre una svolta e ripresa dell’intero comparto educazione nel nostro Paese.
I dati dello studio sulla povertà educativa sono stati citati oggi da Mirella Serri in un lungo focus su “La Stampa” dove si prova ad analizzare conseguenze e origini di tali difficoltà ancestrali del mondo educativo italiano: i cittadini sopra i 16 anni, rivela ancora lo studio, che oggi posseggono la piena comprensione del testo sono appena il 6 o il 7 per cento della popolazione. «Si sta verificando un cataclisma, siamo entrati in quella che le più recenti ricerche sul nostro sistema scolastico chiamano l’era della “povertà educativa”», sottolinea “La Stampa”.
“SCARSE COMPETENZE, RISTRETTEZZE FAMIGLIA E…”: COSA POTER FARE OGGI
C’è una forte incapacità di misurarci con il mondo circostante, tanto sulla comunicazione scritta e l’informazione, quanto su letterature e altre arti più scientifiche come matematica e simili: «Chi sono dunque e come mai sono veramente una pletora i nuovi poveri dal punto di vista culturale? Ne fanno parte i giovani che sui banchi non imparano abbastanza ma pure gli adulti che usciti dalle aule hanno scordato le nozioni di base e che si qualificano come analfabeti di ritorno», rileva ancora lo studio citato su “La Stampa”.
Attenzione, non è solo un “problema” di ignoranza ma sono elementi ben più basilari ad essere carenti sulla maggioranza della cittadinanza: «Siamo di fronte a una gran massa di “analfabeti funzionali” che […] non sono in grado di farsi coinvolgere dai testi scritti; sanno svolgere una moltiplicazione a due cifre ma non sanno interpretare un semplice grafico (il meteo, per esempio) basato su percentuali», rileva Serri commentando il nodo della povertà educativa in Italia. Ribadiamo, i problemi sono ben più a fondo: la scarsa contribuzione per gli insegnanti (dalle scuole dell’obbligo fino alle università), le difficoltà familiari con vasti problemi di indigenza e la scarsa “fantasia” di una cultura spesso chiusa su se stessa. «La responsabilità delle difficoltà dei giovani nell’apprendimento affonda senza dubbio le proprie radici nelle ristrettezze della famiglia di origine. Ma adesso le più moderne indagini guardano anche al capitale umano e culturale. Papà e mamma vivono in stato di necessità? Non necessariamente accompagnano nella crescita figli disappetenti nei confronti di cultura e di nozioni varie», conclude lo studio commentato da Mirella Serri. Scarse competenze che spesso poi richiamano un circolo vizioso che conduce a opportunità inferiori per svilupparle e così via… serve una svolta educativa che non può che originarsi dal “singolo” per poi allargarsi a macchia di leopardo sulla scuola e la cultura. «Oggi si è rotto il cosiddetto patto educativo: la società, la famiglia e le diverse istituzioni che sono chiamate ad educare, delegano ad altri questo decisivo compito», denunciava Papa Francesco nel 2020 all’interno del Seminario preparativo al “Patto educativo globale”, salvo poi ricordare lo scorso giugno come l’educazione «è lo strumento più potente che si possa usare per cambiare il mondo. Per educare un bambino, ci vuole un villaggio intero”. Si tratta di un’alleanza educativa siglata idealmente da tutti gli appartenenti del villaggio, per i quali il compito di accompagnare ogni figlio non è responsabilità esclusiva del papà e della mamma, ma di tutti i membri della comunità».