“È cambiato qualcosa in meglio nel Po ma la situazione è ancora abbastanza critica, di grande sofferenza nella parte nordovest, quindi nella zona dei grandi laghi e del Piemonte. La parte Romagna sta bene perché è piovuto e nevicato quando doveva.

Sul Po alla fine, a Pontelagoscuro, siamo sui 650 metri cubi al secondo che non è una grandissima portata, ma abbiamo avuto delle situazioni peggiori”.



Dal luglio scorso Alessandro Bratti è il segretario generale dell’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po e la sua disamina sullo stato dell’acqua, almeno al nord, non lascia ancora tranquilli: ci sono ancora molte criticità, soprattutto in certe zone, dovute alle scarse precipitazioni di questi mesi. Una situazione che è da tenere sott’occhio, cercando delle soluzioni sistemiche che coinvolgano tutti gli aspetti del problema: dalla creazione di nuovi invasi alla manutenzione di quelli esistenti e anche alla cura delle aree boschive.



Qual è la principale criticità che avete riscontrato?

Nordovest, laghi e Piemonte. D’altronde se uno guarda la fotografia dell’osservatorio satellitare riferito alle precipitazioni si vede che tutta quella parte è molto stressata da questo punto di vista.

Quanto siamo sotto rispetto ai livelli normali?

Siamo abbondantemente sotto alle medie e in alcuni casi anche ai minimi. I laghi sono tutti più o meno abbastanza in sofferenza.

C’è stato un abbassamento anche delle falde acquifere?

Quello è un problema serio. Perché il caricamento delle falde non avviene immediatamente, a valle di una pioggia. Veniamo da una stagione molto critica e c’è un fenomeno che bisognerà controllare: spero che non diano troppe autorizzazioni per l’utilizzo di pozzi, perché pescano direttamente in falda. Non vorrei che nella stagione irrigua per il terrore di rimanere senz’acqua tutti cerchino di prenderla dove possono. Questo è da scongiurare.



Ma chi dà le autorizzazioni per i pozzi?

Normalmente i permessi vengono dati dalle Regioni. Credo, comunque, che tutti abbiano ben presente la situazione.

Come mai anche le falde sono in sofferenza?

Le falde per ricaricarsi hanno bisogno di tempo. L’anno scorso è stata una stagione in cui non è piovuto, per cui sono di fatto in sofferenza, anche se un po’ a macchia di leopardo. E c’è il rischio che si abbassino notevolmente.

Fermo restando che non possiamo cambiare le condizioni meteorologiche, per il resto che cosa si può fare?

Il primo passo è stato un tavolo di coordinamento tra i ministeri, credo come precursore di un decreto che da un lato possa accelerare una serie di opere già previste, dall’altro a finanziarne di altre.

Opere di che tipo?

Invasi, manutenzione di canali irrigui, ce ne sono varie. Per gestire una problematica del genere ci vuole un approccio che non sia univoco: non è che facciamo una diga e si risolve il problema. Si tratta di intervenire tenendo conto di quelle che sono le peculiarità e lo stato dell’arte di ogni singolo territorio. Il delta del Po è diverso: lì c’è un sistema irriguo molto capillare che di per sé è come se fosse un grande invaso, dove magari basta un’ottima attività di manutenzione e cercare di fare in modo che l’acqua ritardi il più possibile la sua andata a mare, così che non ci sia bisogno di costruire niente. In alcuni casi, dove c’è una situazione di criticità molto forte, qualche invaso di una certa capacità deve essere costruito per raccogliere l’acqua piovana. Certo, il problema è sempre quello: occorre che piova.

E per quanto riguarda le dighe?

Qui c’è un altro tema importante: lo svasamento e la manutenzione delle dighe esistenti, che sono piene di detriti. Se si riuscisse a svasare buona parte delle dighe si potrebbero recuperare volumi interessanti. Poi ci sono tutta una serie di attività che secondo i tecnici occorre fare, a cominciare da una corretta gestione delle aree boschive, delle foreste, che sono dei grandi accumulatori di risorse idriche, cercare di fare in modo che il suolo non venga troppo permeabilizzato, per consentire, appunto, la ricarica delle falde quando piove. Occorre un approccio sistemico. È importante anche che la gestione della risorsa idrica che c’è venga fatta in maniera intelligente e soprattutto che si definiscano bene quali sono le responsabilità e quali sono i compiti. Noi come Autorità stiamo chiedendo indicazioni un po’ più definite. Il Governo ha detto che è d’accordo con noi.

L’Autorità in una delle sue ultime comunicazioni parla di un livello di severità idrica medio: cosa vuole dire?

Vuol dire che siamo in una situazione non di criticità assoluta, ma sicuramente molto alta. E teniamo presente che al momento non ci sono prelievi significativi per i terreni agricoli.

In prospettiva cosa ci dobbiamo aspettare?

Rispetto all’anno scorso c’è una situazione, parlo di quella del bacino del Po, che è spaccata in due: una parte non soffrirà, il rischio è che nella parte nordovest ci possano essere anche situazioni di criticità.

Anche con dei razionamenti?

Io spero di no, però se non piove ci saranno. Ci dobbiamo aspettare anche situazioni complesse.

(Paolo Rossetti)

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